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29 marzo 2012 4 29 /03 /marzo /2012 12:53

Gia’ da un’epoca ormai remota, il Sole e la Luna dominavano il giorno e la notte, così come tutti sanno.
Quello che però molti non sanno e’ che i due astri, fin dal giorno in cui sono nati, si amavano follemente.
La natura, come spesso fa, aveva un po’ giocato e li aveva creati re e regina di due mondi diversi e separati, che mai avrebbero potuto coesistere.
Eppure anche dopo secoli, durante i quali non erano mai riusciti a stare insieme, il sole e la luna sapevano di amarsi ancora. Quante volte lui sorgendo aveva avuto la prova di mancarle, vedendo le sue lacrime su foglie e piante e lei comparendo nel cielo della sera, ancora pallida e trasparente, quante volte aveva visto lui tramontare arrossendo nel vederla arrivare.
Il dolore di non poter stare insieme, divento’ un giorno troppo forte e i due astri decisero che l’unico modo era incontrarsi sulla terra. Allora divennero una bellissima ragazza e uno splendido giovane e cominciarono a cercarsi.
Lui si guardò dentro e si accorse che la sua anima era per meta’ vuota.
Lei era uno SPETTACOLO di amore e di dolcezza ma la sua anima era per l’altra meta’ vuota.
Un giorno si incontrarono per caso e fu subito amore, un amore che avrebbe potuto essere eterno e lo era.
Troppi erano pero’ gli impegni di entrambi verso l’umanita’ ed effettivamente senza di loro la terra sarebbe andata a rotoli .Tornarono quindi in cielo, ma continuarono ad amarsi.
Lui continuo’ a riscaldarla durante le fredde notti con la sua luce e lei continuo’ a piangere rugiada per lui e, raramente, in quelle che tu chiami eclissi, si incontrano e si accarezzano, diventando, anche se solo per pochi istanti, una cosa sola.

Il grande amore che dura è perciò una continua ricerca e una con­tinua scoperta del mistero dell’altro. L’amato è infinitamente vicino eppu­re, di colpo, anche infinitamente lonta­no. Allora rinasce il desiderio. L’amo­re è costituito strutturalmente tanto dalla distanza e dalla mancanza come dalla ricerca e dal ritrovamento. L’amore che dura non è uno stato, ma un succedersi di oscurità e di luci in­cantevoli. È un continuo perdersi e un meraviglioso ritrovarsi nuovi. È come un cuore che pulsa: un susseguirsi del vuoto — la diastole, e del pieno — la sistole. Non è statico, è fatto di onde, come il mare, come la luce.

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23 marzo 2012 5 23 /03 /marzo /2012 10:36

La vita di ognuno è fatta prima di tutto di cambiamento.

Vista da vicino l’esistenza quotidiana è un insieme di processi, costituiti da pensieri, immaginazione, parole ed azioni. Questi processi si sviluppano e mutano costantemente. Ogni processo porta con sè dei cambiamenti che per la maggior parte restano sotto la nostra soglia di attenzione, semi-invisbili. Solitamente ci accorgiamo di essere cambiati solo quando un lungo processo giungendo a maturazione ci mostra i suoi frutti visibili; in questo modo ad esempio il nostro viso rugoso ci mostra un giorno lo scorrere del tempo. Altre volte ci accorgiamo di questi processi quando degli eventi inattesi irrompono sulla scena della nostra vita, apparentemente in modo inspiegabile. La rottura di una relazione, un licenziamento o una malattia improvvisa mettono in evidenza dolorosamente molti fili interotti. Uliano Ciro

 

Che cosa sono gli atteggiamenti?

Gli atteggiamenti sono fra i costrutti più studiati in psicologia. La cosiddetta psicologia degli atteggiamenti e delle opinioni è interessata a come le persone formano i propri atteggiamenti, e a quali condizioni è possibile cambiarli. Ciò ha ricadute applicative nel campo della comunicazione interpersonale e della pubblicità, per esempio. Ma che cos'è un atteggiamento? La psicologia definisce l'atteggiamento come una predisposizione appresa a rispondere in maniera prevedibilmente favorevole o sfavorevole, nei confronti di un oggetto, una persona o una situazione (Fishbein, 1963). Se sono un consumatore, posso avere un atteggiamento positivo o negativo nei confronti di una certa marca di automobile. Il mio atteggiamento potrà rimanere confinato nei miei pensieri, oppure manifestarsi sotto forma di opinione, durante una chiacchierata con un amico. Oppure ancora, tradursi in comportamento concreto nel momento in cui dovrò decidere di comprare una nuova automobile. In ogni caso, un atteggiamento è sempre valutativo, ossia è basato su un giudizio di valore di tipo buono/cattivo. È importante notare che avere un certo atteggiamento non vuol dire essere spinti automaticamente a mettere in atto comportamenti congruenti con esso. Ciò vale nel campo del marketing, come nell'esempio appena fatto, ma non solo. Se sono un accanito fumatore, potrò avere un atteggiamento negativo estremo, verso il fumo, e cercherò di far di tutto per evitare che anche i miei figli prendano il vizio. E tuttavia continuerò a fumare.

Perché?

Perché l'atteggiamento esprime una valutazione ma non una convinzione, e nemmeno una regola.

Regole e convinzioni Le nostre azioni, piccole e grandi, si basano non solo su ciò che sentiamo, ma su altri due importanti tipi di costrutti mentali, che sono le convinzioni e le regole. Le regole ci vengono trasmesse in gran parte attraverso la cultura e l'educazione, durante lo sviluppo nella famiglia d'origine, e sono relativamente inflessibili e poco variabili. In ogni cultura esistono regole come "non uccidere", "non rubare", "saluta i conoscenti quando li incontri", "la domenica si deve andare in chiesa" e via dicendo. La loro osservanza è data per scontata da tutti i membri di una comunità, e la loro trasgressione assume significati precisi ed è subito notata. Se le regole sociali tendono a essere piuttosto uniformi, fra i membri di una stessa cultura, altrettanto non può dirsi per le convinzioni, che sono più soggettive. La storia di ognuno è una combinazione fra l'esposizione alla cultura d'appartenenza e l'esperienza individuale. Si può pertanto prevedere che gli individui saranno portatori di norme sociali simili, e convinzioni personali differenti.

Un'altra differenza è che le regole si riferiscono di solito a ciò che si deve o non si deve fare, mentre le convinzioni possono riguardare ciò che è possibile fare. Se un atleta, ad esempio, non ha per primo la convinzione di poter superare un certo limite, è probabile che non ci riuscirà. Se un fumatore non è convinto, nel suo intimo, che potrà continuare a vivere in maniera equilibrata anche senza il fumo - a parte le implicazioni dovute alla dipendenza alla nicotina e all'abitudine al gesto, che non sono da trascurare - è molto probabile che non smetterà di fumare, neanche quando si ammalerà.

Le regole tendono, inoltre, a essere più esplicite, percepite con consapevolezza, mentre le convinzioni possono dimorare al di sotto della coscienza, e può esser necessario del lavoro per renderle palesi. Ciò si deve al diverso modo con cui regole e convinzioni vengono apprese. Come abbiamo detto, le regole sono trasmesse attraverso cultura ed educazione, che sono modalità esplicite d'insegnamento. Al contrario, le convinzioni si formano in modo inconsapevole, ogni individuo si costruisce le proprie, in maniera implicita, per effetto dell'influenza delle circostanze della vita. Mentre le regole insegnano attraverso divieti e prescrizioni, impartite in forma verbale, le convinzioni si formano tramite un linguaggio silenzioso, il linguaggio dell'esperienza. Per esempio, una persona con un'indole tranquilla potrebbe trovarsi, sin dai primi anni di vita, a fronteggiare individui più assertivi o aggressivi di lui - anche i suoi stessi genitori - e formarsi, senza che nessuno glielo dica, la convinzione che la gente è pericolosa e inaffidabile. Oppure, una serie di circostanze fortuite potrebbe portare un ragazzo a credere di non essere adatto alla matematica, anche se magari la stoffa ci sarebbe tutta.

Convinzioni e cambiamento Cosa ha a che vedere tutto questo, con il cambiamento? Molto. A volte, cambiare richiede solo l'apprendimento di alcune abilità chiave, e niente più. Attraverso l'esercizio e il feedback, l'individuo riesce a ottenere il cambiamento desiderato. Altre volte, invece, malgrado tutto l'impegno profuso nello svolgere le attività richieste, i cambiamenti sono piccoli, insoddisfacenti, durano poco, spariscono alle prime difficoltà e generano dubbio e frustrazione. In questi casi, la ragione sta spesso nell'esistenza di una convinzione limitante, radicata, ma nascosta nella persona. Ciò può succedere agli atleti, come abbiamo visto, ma accade anche nella psicoterapia. In altre parole, le persone possono cambiare senza rendersene conto. Quest'affermazione può suonare strana, ma la pratica professionale insegna che spesso non basta aiutare le persone a cambiare, è necessario anche convincerle che il loro cambiamento è stato reale e autentico.

Per ottenere ciò, può essere necessario rimuovere delle convinzioni limitanti, che alterano in negativo la percezione. Esistono varie tecniche per aiutare a rimuovere le convinzioni limitanti delle persone. Alcune si basano sullo scambio verbale e sulla persuasione. Altre fanno uso di esercizi d'immaginazione guidata, tagliati sulle caratteristiche della persona, che fanno leva sulle modalità individuali con cui essa rappresenta e costruisce internamente la propria esperienza. Lo sblocco delle convinzioni limitanti può avvenire con gradualità, attraverso le esperienze ripetute. Ma può avvenire anche in maniera repentina e spettacolare, dato che le persone differiscono anche nella maniera di attuare il cambiamento.

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17 marzo 2012 6 17 /03 /marzo /2012 22:26

L'espansione all'orecchio è un oggetto decorativo da applicare all'orecchio. Esso consiste nell'allargare il buco al lobo in modo da inserire orecchini, chiamati 'espansori' di varie forme e grandezze. Se sei un amante delle espansioni ed hai deciso di fare l'espansione al tuo orecchio, qui c'è tutto quello che bisogna sapere per fare ciò, passo per passo, senza corrrere rischi

 
  • 1
    Come Fare L'Espansione All'Orecchio
    Buco iniziale. Se ancora non hai un buco all'orecchio, informati di un centro specializzato, ad esempio un centro piercing, dalle tue parti. Se non ce ne sono puoi anche andare presso qualche gioielleria. Assicurati che il centro dove vai curi l'igiene, è molto importante per prevenire infezioni al buco appena fatto, che possono causarti fastidi a tal punto da costringerti ad assumere antibiotici.
  • 2
     Manutenzione del buco. Dopo una settimana bisogna togliere l'orecchino iniziale per poi metterne un altro, di spessore più grande: prima di 1,2 millimetri, successivamente lo sostituiremo con quello di spessore di 1,4 millimetri (non comprateli da venditori ambulanti, potrebbero essere poco igienici). Dopo aver messo l'orecchino di spessore più grande, durante l'arco della prima settimana bisogna stare attenti a non causare strappi o lesioni alla pelle. Inoltre conviene girare spesso l'orecchino nel buco per farlo adattare e definire meglio il buco, pulendolo periodicamente con acqua ossigenata per disinfettarlo.
  • 3 Espansione. Ora comincia l'espansione vera e propria: A questo punto avrete già un buco di diametro pari a 1,4 mm. Comprate un espansore (ne esistono di diverse tipologie e forme: cono o artiglio), di diametro non molto grande. Per l'iserimento, lubrificare con acqua ossigenata l'espansore, cosi da disinfettarlo anche. Ricordate che l'espansore bisogna inserirlo dalla parte appuntita, potrebbe fare male i primi tempi ma non vi preoccupate è normale. Quando non sentire più dolore, potrete comprare un espansore più grande per ingrandire ulteriormente il buco fino ad arrivare alla grandezza che desiderate.
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13 marzo 2012 2 13 /03 /marzo /2012 12:27
Le Scuole Guida, si sa, sono costose e non tutti possono permettersi di pagare circa 500 € per un corso che dura più o meno 30 ore. È possibile, con un po' di impegno, studiare autonomamente e sostenere l'esame direttamente alla Motorizzazione Civile, pagando solo le tasse allo Stato.
 
  • 1
    Come Sostenere L'Esame Per La Patente Senza Frequentare La Scuola Guida
    Sostenere un esame da privatista presso la Motorizzazione Civile può risultare molto vantaggioso, senza grosse difficoltà e spese, purché tu sia in grado di prepararti. Innanzitutto, devi recarti presso la sede della Motorizzazione Civile più vicina a te e chiedere tutti i documenti da compilare e i bollettini da pagare. Una volta fatto questo, sei pronto a passare allo studio teorico.
  • 2
     
    Per prima cosa, avrai bisogno di un libro dal quale seguire la teoria del corso. Il libro è reperibile facilmente, anche nei grandi magazzini o su Internet, ed ha costi variabili ma comunque contenuti. Eventualmente, per la tua preparazione prettamente teorica, puoi fare affidamento anche al Codice della Strada (vedi link in basso).
  • 3 La compilazione di numerose schede ti aiuterà a capire dove hai lacune e dove invece sei più ferrato. Attraverso la loro compilazione, soprattutto, potrai capire se sei abbastanza preparato da commettere meno di 4 errori all'esame ufficiale. Hai bisogno, quindi, di un programma, di un libro o di un sito, che ti consenta di svolgere i Fac-Simile delle Schede Ministeriali. Come per il libro di teoria, puoi reperire anche quello dei quiz molto facilmente. Per questo, ti consiglio di sfruttare le valide alternative gratuite (specialmente online), proposte nei siti che ti segnalerò in seguito.
  • 4 Il costo totale dei versamenti, delle visite mediche e delle tasse si aggira intorno agli 80 € (contro i circa 500 delle Scuole Guida). Preparandoti da solo risparmierai un bel po' di soldi (circa 420 €)! Sostenere l'esame da privatista non è gratis, quindi, ma di sicuro riduce notevolmente le spese a tuo carico.
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29 febbraio 2012 3 29 /02 /febbraio /2012 12:33

Il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. Tutti gli eventi possono essere descritti in un tempo che può essere passato, presente o futuro. La complessità del concetto è da sempre oggetto di studi e riflessioni filosofiche e scientifiche.

Tempo e cambiamento  

Dalla nascita dell'universo, presumibilmente e secondo la conoscenza umana, inizia il trascorrere del tempo. I cambiamenti materiali e spaziali regolati dalla chimica e dalla fisica determinano, secondo l'osservazione, il corso del tempo. Tutto ciò che si muove e si trasforma è così descritto, oltre che chimicamente e fisicamente, anche a livello temporale. Alcuni esempi tra i più immediati della correlazione tra tempo e moto sono la rotazione della Terra attorno al proprio asse, che determina la distinzione tra il dì e la notte, ed il suo percorso su di un'orbita ellittica intorno al Sole (la cosiddetta rivoluzione), che determina le variazioni stagionali.

Il dato certo dell'esperienza è che tutto ciò che interessi i nostri sensi è materia, ovvero trasformazione di materia, visto che tutti gli oggetti materiali si modificano. Alcuni impiegano tempi brevi, altri in modo lento; ma tutti sono destinati a trasformarsi. La materia è, e (contestualmente) diviene (ossia assume altra forma). L'ovvietà di questa asserzione non tragga in inganno: essa sottende una contraddizione, perché l'essere di un oggetto è certificato dalla sua identità (nel tempo), ovvero dal suo permanente esistere; il divenire, invece, presuppone la trasformazione, ovvero la diversità (della forma), per cui impone un "prima" e un "dopo", vale a dire un (intervallo di) "tempo". Il tempo "origina" dalla trasformazione della materia. La percezione del "tempo" è la presa di coscienza che la realtà di cui siamo parte si è materialmente modificata. Se osservo una formica che si muove, la diversità delle posizioni assunte certifica che è trascorso un "intervallo di tempo". Si evidenzia "intervallo" a significare che il tempo è sempre una "durata" (unico sinonimo di tempo), ha un inizio ed una fine.

Distanze misurabili con il tempo 

Nel linguaggio di tutti i giorni spesso si usa il tempo come misuratore di distanze, per indicare la durata di un percorso (come ad esempio: "mezz'ora d'automobile", "un giorno di viaggio", "10 minuti di cammino"). Dato che la velocità è uguale a spazio percorso diviso l'intervallo di tempo impiegato a percorrere quello spazio, si può fare un'inferenza implicita sulla velocità media tenuta dal corpo in movimento. Si valorizza così in modo approssimato la distanza a livello temporale, in relazione al fatto che lo spazio percorso può essere espresso come la velocità media (all'incirca nota), moltiplicata per l'intervallo di tempo interessato.

Tecnicamente, però, espressioni come "un anno luce" non esprimono un intervallo di tempo, ma una distanza avendone nota la velocità: infatti più precisamente l'anno luce si può esprimere come "la distanza percorsa dalla luce in un anno", conoscendone esattamente la velocità (appunto la velocità della luce). In questi casi particolari, una locuzione contenente riferimenti al tempo indica quasi sempre distanze precise nello spazio, al punto da assurgere al ruolo di unità di misura.

Simultaneità e causalità 

Eventi distinti tra loro possono essere simultanei oppure distanziarsi in proporzione a un certo numero di cicli di un determinato fenomeno, per cui è possibile quantificare in che misura un certo evento avvenga dopo un altro. Il tempo misurabile che separa i due eventi corrisponde all'ammontare dei cicli intercorsi. Convenzionalmente tali cicli si considerano per definizione periodici entro un limite di errore sperimentale. Tale errore sarà percentualmente più piccolo quanto più preciso sarà lo strumento (orologio) che compie la misura. Nel corso della storia dell'uomo gli orologi sono passati dalla scala astronomica (moti del Sole, della Terra) a quella quantistica (orologi atomici) raggiungendo progressivamente precisioni crescenti.

Uno dei modi di definire il concetto di dopo è basato sull'assunzione della causalità. Il lavoro compiuto dall'umanità per incrementare la comprensione della natura e della misurazione del tempo, con la creazione e il miglioramento dei calendari e degli orologi, è stato uno dei principali motori della scoperta scientifica.

La misura del tempo 

Una clessidra

L'unità di misura standard del Sistema Internazionale è il secondo. In base ad esso sono definite misure più ampie come il minuto, l'ora, il giorno, la settimana, il mese, l'anno, il lustro, il decennio, il secolo ed il millennio. Il tempo può essere misurato, esattamente come le altre dimensioni fisiche. Gli strumenti per la misurazione del tempo sono chiamati orologi. Gli orologi molto accurati vengono detti cronometri. I migliori orologi disponibili (al 2010) sono gli orologi atomici.

Esistono svariate scale temporali continue di utilizzo corrente: il tempo universale, il tempo atomico internazionale (TAI), che è la base per le altre scale, il tempo coordinato universale (UTC), che è lo standard per l'orario civile, il Tempo Terrestre (TT), ecc. L'umanità ha inventato i calendari per tenere traccia del passaggio di giorni, settimane, mesi e anni.

Il tempo nell'ingegneria e nella fisica applicata [modifica]

In fisica, il tempo è definito come distanza tra gli eventi calcolata nelle coordinate spaziotemporali quadridimensionali. La relatività speciale mostrò che il tempo non può essere compreso se non come una parte del cronotopo (altra parola per definire lo spaziotempo, una combinazione di spazio e tempo). La distanza tra gli eventi dipende dalla velocità relativa dell'osservatore rispetto ad essi. La Relatività Generale modificò ulteriormente la nozione di tempo introducendo l'idea di uno spazio-tempo capace di curvarsi in presenza di campi gravitazionali. Un'importante unità di misura del tempo in fisica teorica è il tempo di Planck (si veda unità di Planck per i dettagli).

Concetto di tempo in geologia [modifica]

Il concetto di tempo in geologia è un argomento complesso in quanto non è quasi mai possibile determinare l'età esatta di un corpo geologico o di un fossile. Molto spesso le età sono relative (prima di..., dopo la comparsa di...) o presentano un margine di incertezza, che cresce con l'aumentare dell'età dell'oggetto. Sin dagli albori della geologia e della paleontologia si è preferito organizzare il tempo in funzione degli organismi che hanno popolato la Terra durante la sua storia: il tempo geologico ha pertanto struttura gerarchica e la gerarchia rappresenta l'entità del cambiamento nel contenuto fossilifero tra un'età e la successiva.

Solo nella seconda metà del XX secolo, con la comprensione dei meccanismi che regolano la radioattività, si è iniziato a determinare fisicamente l'età delle rocce. La precisione massima ottenibile non potrà mai scendere al di sotto di un certo limite in quanto i processi di decadimento atomico sono processi stocastici e legati al numero di atomi radioattivi presenti all'interno della roccia nel momento della sua formazione. Le migliori datazioni possibili si attestano sull'ordine delle centinaia di migliaia di anni per le rocce con le più antiche testimonianze di vita (nel Precambriano) mentre possono arrivare a precisioni dell'ordine di qualche mese per rocce molto recenti.

Un'ulteriore complicazione è legata al fatto che molto spesso si confonde il tempo geologico con le rocce che lo rappresentano. Il tempo geologico è un'astrazione, mentre la successione degli eventi registrata nelle rocce ne rappresenta la reale manifestazione. Esistono pertanto due scale per rappresentare il tempo geologico, la prima è la scala geocronologica, la seconda è la scala cronostratigrafica. In prima approssimazione comunque, le due scale coincidono e sono intercambiabili.

Il tempo nella filosofia e nella fisica [modifica]

Importanti questioni filosofiche sul tempo comprendono:

  • Il tempo è assoluto o meramente relazionale?
  • Il tempo senza cambiamento è concettualmente impossibile?
  • Il tempo scorre, oppure l'idea di passato, presente e futuro è completamente soggettiva, descrittiva solo di un inganno dei nostri sensi?
  • Il tempo è rettilineo o lo è solo nel breve spazio di tempo che l'uomo ha sperimentato e sperimenta?
Concetti e paradossi nell'antichità classica [modifica]

I paradossi di Zenone (che molti secoli dopo sarebbero stati di aiuto nello sviluppo del calcolo infinitesimale) sfidavano in modo provocatorio la nozione comune di tempo. Il paradosso più celebre è quello di Achille e la tartaruga: secondo il suo ragionamento, attenendosi strettamente alle regole logiche, l'eroe greco (detto "pié veloce" in quanto secondo la mitologia greca era "il più veloce tra i mortali") non raggiungerebbe mai una tartaruga. L'esempio è molto semplice: supponiamo che inizialmente Achille e la tartaruga siano separati da una distanza x e che la velocità dell'eroe corrisponda a 10 volte quella dell'animale. Achille comincia a correre fino a raggiungere il punto x dove si trovava la tartaruga ma essa, nel frattempo, avrà percorso una distanza uguale a 1/10 di x. Achille prosegue e raggiunge il punto "x + 1/10 di x" mentre la tartaruga ha il tempo di compiere una distanza di 1/100 di x (1/10 di 1/10 di x), distanziando nuovamente l'inseguitore. Continuando all'infinito Achille riuscirà ad avvicinarsi sempre di più all'animale il quale però continuerà ad avere un sempre più piccolo ma comunque sempre presente distacco. La paradossale conclusione di Zenone era: Achille non raggiungerà mai la tartaruga.

La posizione di Parmenide è assai diversa da quella dell'allievo Zenone, questi infatti sosteneva che l'essenza della realtà, l'ancoraggio metafisico del reale, fosse eterno (che nel senso stretto del termine significa fuori dal tempo da "ex ternum") e che dunque il tempo fosse una posizione della doxa (opinione), di quella sapienza che non è propria di chi sa veramente. In seno all'essere (ch'è l'essenza del mondo), in sintesi, non è tempo, né dunque è moto.

Anche Platone è stato influenzato da questa concezione. Secondo la sua celebre definizione il tempo è "l'immagine mobile dell'eternità". Per Aristotele, invece, è la misura del movimento secondo il "prima" e il "poi", per cui lo spazio è strettamente necessario per definire il tempo. Solo Dio è motore immobile, eterno ed immateriale.

Secondo S. Agostino il tempo è stato creato da Dio assieme all'Universo, ma la sua natura resta profondamente misteriosa, tanto che il filosofo, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., afferma ironicamente: "Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so". Tuttavia S. Agostino critica una concezione del tempo aristotelica inteso come misura del moto (degli astri): nelle "Confessioni" afferma che il tempo è "distensione dell'animo" ed è riconducibile a una percezione propria del soggetto che, pur vivendo solo nel presente (con l'attenzione), ha coscienza del passato grazie alla memoria e del futuro in virtù dell'attesa. Da sant'Agostino in poi nel pensiero cristiano il tempo è concepito in senso lineare-progressivo e non più circolare-ciclico come nel mondo pagano. Dalla caduta di Adamo l'escatologia cristiana procede verso la "consumazione del tempo", il riscatto dell'uomo verso Dio, il Giudizio Universale e l'eternità spirituale.

L'epoca moderna: il dibattito tra tempo assoluto e tempo illusorio 

Il tempo è stato considerato in vari modi nel corso della storia del pensiero, ma le definizioni di Platone ed Aristotele sono state di riferimento per moltissimi secoli (magari criticate o reinterpretate in senso cristiano), fino a giungere alla rivoluzione scientifica. Di questo periodo è fondamentale la definizione di Isaac Newton (1642-1727), secondo il quale il tempo (al pari dello spazio) è "sensorium Dei" (senso di Dio) e scorrerebbe immutabile, sempre uguale a se stesso (una concezione analoga è presente nelle opere di Galileo Galilei). Degna di nota è la contesa tra Newton e Leibniz, che riguardava la questione del tempo assoluto: mentre il primo credeva che il tempo fosse, analogamente allo spazio, un contenitore di eventi, il secondo riteneva che esso, come lo spazio, fosse un apparato concettuale che descriveva le interrelazioni tra gli eventi stessi. John Ellis McTaggart credeva, dal canto suo, che il tempo e il cambiamento fossero semplici illusioni.

Dal tempo soggettivo alla teoria della relatività

È stato il filosofo tedesco Immanuel Kant a cambiare radicalmente questo modo di vedere, grazie alla sua cosiddetta nuova "rivoluzione copernicana", secondo la quale al centro della filosofia non si deve porre l'oggetto ma il soggetto: il tempo diviene allora, assieme allo spazio, una "forma a priori della sensibilità". In sostanza se gli esseri umani non fossero capaci di avvertire lo scorrere del tempo non sarebbero neanche capaci di percepire il mondo sensibile e i suoi oggetti che, anche se sono inconoscibili in sé, sono collocati nello spazio. Quest'ultimo è definito come "senso esterno", mentre il tempo è considerato un "senso interno": in ultima analisi tutto ciò che esiste nel mondo fisico viene percepito e ordinato attraverso le strutture a priori del soggetto e ciò che, in prima battuta, viene collocato nello spazio viene poi ordinato temporalmente (come dimostra la nostra memoria).

Un grande contributo alla riflessione sul problema del tempo lo si deve al filosofo francese Henri Bergson il quale, nel suo Saggio sui dati immediati della coscienza osserva che il tempo della fisica non coincide con quello della coscienza. Il tempo come unità di misura dei fenomeni fisici, infatti, si risolve in una spazializzazione (come ad esempio le lancette dell'orologio) in cui ogni istante è oggettivamente rappresentato e qualitativamente identico a tutti gli altri; il tempo originario, invece, si trova nella nostra coscienza che lo conosce mediante intuizione; esso è soggettivo, ed ogni istante risulta qualitativamente diverso da tutti gli altri.

Un altro grande progresso del pensiero è stato la formulazione della teoria della relatività ("ristretta" nel 1905 e "generale" nel 1916) di Einstein, secondo la quale il tempo non è assoluto, ma dipende dalla velocità (quella della luce è una costante universale: c = circa 299.792,458 km al secondo) e dal riferimento spaziale che si prende in considerazione. Secondo Einstein è più corretto parlare di spaziotempo, perché i due aspetti (cronologico e spaziale) sono inscindibilmente correlati tra loro; esso viene modificato dai campi gravitazionali, che sono capaci di deflettere la luce e di rallentare il tempo (teoria della relatività generale).

Secondo la relatività ristretta il tempo di un osservatore è uguale a quello di un altro osservatore solo se viene moltiplicato per un certo fattore che dipende dalla velocità relativa dei due osservatori. Più in particolare le formule di Lorentz sono le seguenti:

\begin{cases} x' = \gamma \left(x - v t \right) \\ y' = y \\ z' = z \\ t' = \gamma \left(t - \frac{v}{c^{2}}x \right) \end{cases}

dove:

  •  \gamma = \frac{1}{\sqrt {1-v^2/c^2} }
  • x, y, z rappresentano le tre dimensioni spaziali;
  • t rappresenta la dimensione temporale;
  • v è la velocità;
  • c è la costante della velocità della luce nel vuoto.

Secondo quest'ultima formula (che riguarda il tempo), se noi rimanessimo sulla Terra e potessimo vedere un razzo che viaggia velocissimo nello spazio osserveremmo che il suo equipaggio si muove al rallentatore.

La teoria della relatività genera quindi in merito al tempo anche dei paradossi apparenti. Uno dei più noti è il cosiddetto paradosso dei gemelli. La premessa del paradosso è che esistano due gemelli, di cui uno parte per un viaggio interstellare con un'astronave capace di andare a una velocità prossima a quella della luce, mentre l'altro rimane sulla Terra. Secondo le naturali conseguenze della relatività, il primo gemello, al suo ritorno sulla Terra, sarà più giovane del fratello gemello rimasto. Tuttavia, secondo la stessa relatività tutti i sistemi di riferimento sottoposti ad uguale moto (e quindi privi di accelerazioni e di cambiamenti di direzione) sono uguali tra di loro. Secondo il sistema di riferimento del gemello partito con l'astronave è stata la Terra a muoversi ad una velocità prossima a quella della luce, e quindi secondo il gemello-astronauta, in maniera del tutto legittima, dovrebbe risultare più giovane il gemello rimasto sulla Terra. Il paradosso consiste quindi in questo: Qual è il gemello più giovane? o, in altre parole, per quale dei due è passato meno tempo? Esso si risolve considerando i cambiamenti di moto che il gemello sull'astronave ha fatto e che la Terra (verosimilmente) non ha seguito: ha accelerato durante la partenza, ha "fatto retromarcia" per tornare sulla Terra dopo aver raggiunto la sua meta, magari quando l'aveva raggiunta si è fermato, e ha decelerato per riuscire a fermarsi nelle vicinanze della Terra o dell'altra destinazione. Avendo fatto tutti questi movimenti "in più", ne consegue, relativisticamente parlando, che è il gemello sull'astronave il più giovane. Premesso questo, quanti saranno gli anni di differenza tra i due è possibile calcolarlo grazie alle formule della relatività, ma l'aspetto più interessante è che si possa viaggiare nel futuro, almeno teoricamente (questo pone dei problemi al concetto di libero arbitrio). La teoria della relatività, tra l'altro, cambia radicalmente la nozione di simultaneità (due eventi possono avvenire contemporaneamente per un osservatore ma non per un altro), ma anche di lunghezza (un metro si accorcia più si avvicina alla velocità della luce, ma solo se confrontato con un altro metro rimasto, ad esempio, sulla Terra). Anche il concetto di causalità viene in parte modificato, dato che un certo segnale - che per Einstein non può mai viaggiare più velocemente della luce - deve avere il tempo di andare da un punto a un altro perché possa influenzare l'altro. Recentemente nell'ambito della Teoria dei Sistemi di Riferimento è stato introdotto il concetto di tempo inerziale che consente di superare i paradossi summenzionati e di pervenire anche a una nuova definizione di simultaneità.

Ulteriori sviluppi: il tempo come percezione, l'intangibilità 

Einstein ebbe alcune discussioni sul tempo con grandi pensatori della sua epoca, tra cui il filosofo francese Henri Bergson, che attribuisce grande importanza agli stati di coscienza piuttosto che al tempo spazializzato della fisica (si veda "Durata e simultaneità" del 1922). Per Bergson il tempo concretamente vissuto è una durata "reale" a cui lo stato psichico presente conserva da un lato il processo da cui proviene (attraverso la memoria), ma naturalmente costituisce anche qualcosa di nuovo. Dunque non c'è soluzione di continuità tra gli stati della coscienza: esiste una continua evoluzione, un movimento vissuto che la scienza non può spiegare pienamente con i suoi concetti astratti e rigidi, nonostante il riconoscimento dei suoi grandi progressi.

L'ingegnere J. W. Dunne sviluppò una teoria del tempo dove considerava la nostra percezione del tempo similarmente alle note suonate su un piano. Avendo avuto un numero di sogni premonitori, decise di tenere traccia dei suoi sogni e trovò che contenevano eventi passati e futuri in quantità equivalenti. Da questo concluse che nei sogni riusciamo a sfuggire al tempo lineare. Pubblicò le sue idee in An Experiment with Time del 1927, cui fecero seguito altri libri.

Possiamo porci, quindi, le seguenti domande:

  • "Che cos'è il tempo?"
  • "Come si definisce una unità di misura per esso (il tempo) prescindendo dalle conoscenze late della comune opinione?"

È nel tentativo di dare una risposta rigorosa a queste domande che ci si accorge delle difficoltà e dei pregiudizi. L'unico modo convincente di rispondere alla domanda "che cos'è il tempo" è forse quello operativo, dal punto di vista strettamente fisico-sperimentale: "il tempo è ciò che si misura con degli strumenti adatti". Una analisi microscopica del problema tuttavia mostra come la definizione di orologio sia adatta solo a una trattazione macroscopica del problema e quindi non consenta di formulare una definizione corretta per le equazioni del moto di particelle descritte dalla meccanica quantistica.

Se si segue coerentemente sino in fondo questa definizione, si constata facilmente che tutti gli strumenti di misura del tempo ("orologi") si basano sul confronto (e conseguente conteggio) tra un movimento nello spazio (ad esempio la rotazione o la rivoluzione terrestre) e un altro movimento "campione" (meccanico, idraulico, elettronico), con sufficienti caratteristiche di precisione e riproducibilità. Può essere interessante anche notare che il campione di movimento deve essere sempre un moto accelerato (rotazione, oscillazione lineare o rotatoria), mentre non è campione idoneo il moto rettilineo uniforme.

Altrettanto importante è notare che il metodo di confronto del movimento con il campione si fonda necessariamente sulla trasmissione di segnali elettromagnetici (es. luminosi, ma non solo), le cui proprietà influiscono quindi direttamente sul risultato della misura: da ciò conseguono in modo quasi ovvio le formulazioni della interdipendenza tra coordinate spaziali, asse temporale e velocità della luce espresse della relatività ristretta.

In base a queste osservazioni, data la totale sovrapponibilità degli effetti operativi, si potrebbe addirittura assumere direttamente quale definizione del tempo, in fisica, l'identità con il movimento stesso. In questo senso, l'intero Universo in evoluzione si può considerare il vero fondamento della definizione di tempo; si noti l'importanza essenziale della specifica "in evoluzione", ossia in movimento vario, accelerato: senza movimento, senza variazione anche il tempo scompare!

Questa è anche la tesi dell'ingegnere Henri Salles, che nel suo libro Does time exist? - an energetic implementation of motion dimostra che è possibile fare a meno del concetto di tempo per spiegare il movimento. Salles implementa un modello fisico della realtà basato unicamente sui concetti di spazio e di energia e mette in luce la mancanza di coerenza della fisica tradizionale che scade, secondo lui, nella speculazione matematica laddove costruisce teorie partendo da concetti non fondamentali perché non tangibili (come appunto sarebbe quello di tempo). Un evidente esempio di contraddizioni, eliminabili con la definizione di tempo come movimento, sono le questioni del significato del tempo negativo e della possibilità di tornare indietro nel tempo.

L'idea che una teoria fondamentale non debba contenere il concetto di tempo tra le sue primitive risale a Bryce DeWitt ed è stata sviluppata successivamente da Carlo Rovelli, Craig Callender e Julian Barbour. Enrico Prati ha dimostrato che il formalismo Hamiltoniano di tutte le moderne teorie quantistiche dei campi può essere ricavato senza fare alcun uso del concetto di tempo, ma entro il medesimo formalismo è possibile definire il tempo misurato dagli orologi macroscopici rinunciando al concetto di periodicità a favore di quello di ciclicità nello spazio delle fasi.[2] [3]

Tempo quantizzato [modifica]

Il tempo quantizzato è un concetto sviluppato a livello teorico. Il tempo di Planck è il tempo che impiega un fotone che viaggia alla velocità della luce per percorrere una distanza pari alla lunghezza di Planck. Il tempo di Planck (~ 5,4 × 10−44 s) è la più piccola quantità di tempo tecnicamente misurabile, nonché potrebbe essere la più piccola quantità ad avere un significato fisico nell'effettivo caso di tempo parcellizzato.

In fisica, nel modello standard il tempo non è quantizzato ma viene trattato come continuo.

La percezione del tempo

A volte si percepisce il passare del tempo come più rapido ("il tempo vola"), significando che la durata appare inferiore a quanto è in realtà; al contrario accade anche di percepire il passare del tempo come più lento ("non finisce mai"). Il primo caso viene associato a situazioni piacevoli, o di grande occupazione, mentre il secondo si applica a situazioni meno interessanti o di attesa (noia). Inoltre sembra che il tempo passi più in fretta quando si dorme. Il problema della percezione del tempo si trova in stretta correlazione con i problemi relativi al funzionamento ed alla fisiologia del cervello.

La percezione del tempo nelle diverse culture

Il tempo, così come lo spazio, è una categoria a priori ma non per questo non gli viene dato un significato e una rappresentazione diversa in ogni cultura.
Si può affermare, in maniera generale, che esso venga percepito come il variare della persona e delle cose.

Sempre generalmente, vi sono due idee fondamentali del tempo:

  • Pensiero cronometrico occidentale: il tempo viene visto come un'entità lineare e misurabile. Questa visione risponde alla necessità di ottimizzare il proprio tempo e dipende dall'organizzazione economica.
  • Tempo ciclico e puntiforme: nelle società tradizionali il tempo viene scandito attraverso il passare delle stagioni o secondo eventi contingenti (es. il mercato della domenica).

Molte società possono essere comunque considerate "a doppio regime temporale".
C'è quindi un tempo qualitativo, legato all'esperienza, che dipende dalla necessità di alcune società di frazionare il tempo per contingenza, ed un tempo quantitativo, astratto e frazionabile, che sta man mano, con la globalizzazione, diventando dominante.

L'antropologo Christopher Hallpike, rifacendosi agli studi dello psicologo Jean Piaget, affermò che a seconda della cultura il tempo viene percepito come operatorio e pre-operatorio (percezione del tempo fino agli otto anni). La visione operatoria del tempo consente di coordinare i fattori di durata, successione e simultaneità.
Per dimostrare la sua tesi egli fece osservare a degli aborigeni melanesiani due macchinine su due piste concentriche facendole partire e fermare nello stesso tempo e di seguito chiedendo quale delle due macchinine avesse percorso più spazio. Gli aborigeni non seppero rispondere a quella domanda e per questo motivo egli pensò che mancasse loro la capacità di coordinare i tre fattori.

Ma in Melanesia vengono fatte delle corse di cavalli su piste concentriche e di conseguenza la mancanza di una correlazione non-lineare e quantificabile del tempo sembra non escludere la capacità di coordinare durata, successione e simultaneità.

  • Tempo profano e Tempo sacro . Lo storico delle religioni Mircea Eliade nel suo saggio "Il sacro e il profano" evidenzia quanto segue: "il tempo sacro è per sua natura anche reversibile, nel senso che è, parlando propriamente, un Tempo mitico primordiale reso presente. Ogni festa religiosa, ogni tempo liturgico, consiste nella riattualizzazione di un avvenimento sacro che a avuto luogo in un passato mitico, "agli inizi". Partecipare religiosamente ad una festa implica che si esce dalla durata temporale "ordinaria" per per reintegrare il tempo mitico riattualizzato dalla festa stessa" . Questo Tempo sacro, riattualizzato periodicamente nelle religioni precristiane, è un Tempo mitico, primordiale, originale, non-identificabile nel passato storico, raccontato dal mito, prima del quale non esisteva alcun Tempo. Il Giudaismo presenta una grande novità. "Per il Giudaismo, il Tempo ha un inizio e avrà una fine. L'idea del Tempo ciclico è superata. Jahvè non si manifesta più nel Tempo cosmico (come gli dei di altre religioni), ma in un Tempo storico, che è irreversibile. Ogni nuova manifestazione di Jahvé non è più riconducibile ad una manifestazione anteriore. [...] L'avvenimento storico guadagna qui una nuova dimensione: diviene una teofania. ". Per il Cristianesimo "Dio si è incarnato, ha assunto un'esistenza umana storicamente condizionata, la Storia diventa suscettibile di essere santificata". Cristo, con la sua presenza, ha santificato il preciso Tempo storico in cui venne sulla Terra, il Tempo evocato dai Vangeli. Siamo in presenza di una teologia della storia, non di una filosofia della storia: "Gli interventi di Dio nella Storia, e soprattutto l'Incarnazione nella persona storica di Gesù Cristo, hanno un fine trans-storico: la salvezza dell'uomo".

 

 


Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci spaziotempo e Spazio-tempo di Minkowski.
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26 febbraio 2012 7 26 /02 /febbraio /2012 17:26

Il ritmo è il susseguirsi di una serie di accenti (cellula ritmica) con una periodica regolarità. Esso è basato sulla suddivisione del tempo in forme e misure variabili, talvolta regolari e simmetriche altre volte irregolari e asimmetriche. Il ritmo è quindi un movimento che si ripete regolarmente (si pensi per esempio ad un orologio a pendolo). Qualsiasi movimento che non si ripeta regolarmente può essere detto come "aritmico".

L'aspetto ritmico della musica, che è strettamente collegato alla danza, è molto antico, forse il più antico in assoluto: non a caso i tamburi e altri strumenti a percussione, che essendo a suono indeterminato, possono produrre solo ritmi, sono i primi strumenti musicali conosciuti, e sono presenti anche presso le culture più primitive. Questo è indubbiamente dovuto al fatto che suoni ritmici (il tamburellare delle gocce di pioggia, lo scrosciare di un ruscello, il canto degli uccelli) sono presenti in natura e ben si prestano ad essere imitati.

Il ritmo è definito come una successione di accenti, intendendo con accento il maggior rilievo (variazione di intensità o di enfasi) che alcuni suoni hanno rispetto ad altri nell'ambito di un brano o una frase musicale. Avremo allora suoni più accentati (accento forte), meno accentati (accento debole) o non accentati. La sequenza degli accenti di un brano musicale tende normalmente a ripetersi a intervalli regolari ed è questa ripetizione che viene chiamata ritmo del brano: la più breve sequenza non periodica (quella che viene ripetuta) viene anche chiamata cellula ritmica. L'accentuazione dei suoni di un brano musicale può anche avere altre funzioni, e gli accenti vengono così distinti in diverse tipologie: di accento metrico, ritmico, dinamico, agogico, melodico o patetico.

Quando un brano è composto di più voci (umane o strumentali), il ritmo è avvertibile in misura diversa nelle varie parti: la melodia è spesso quella meno vincolata dal ritmo. In questo caso, il compito di scandire il ritmo è affidato soprattutto ad alcuni strumenti che vengono collettivamente chiamati sezione ritmica. Strumenti come le percussioni, il contrabbasso e il basso elettrico, il pianoforte e la chitarra sono normalmente considerati parte della sezione ritmica, anche se possono svolgere (e spesso svolgono) funzioni solistiche (e quindi non ritmiche). A volte un intero gruppo (sezione) di strumenti viene impiegato in funzione ritmica - ad esempio la sezione dei violini in certi passaggi orchestrali.

Accento metrico (battere e levare)

L'accento metrico o di misura è quello che cade sul primo movimento di ogni misura. Questo accento non è segnato graficamente ma è sottinteso, in parole povere è il "battere". Laddove in generale il primo movimento della misura viene normalmente eseguito con accentazione forte, seguita da un accento debole, il suonare in levare intende lo spostamento dell'accentazione forte sul movimento successivo.

Esso nella maggior parte delle volte non si avverte, o meglio nell'esecuzione non gli viene dato un certo rilievo artistico-interpretativo. Invece in alcune composizioni come il valzer (misura ternaria semplice), la marcia (misura binaria o quaternaria semplice o composta), l'accento metrico si deve far sentire perché esso fa parte dello stile del brano o composizione. L'accento metrico è soprattutto in musica quella parte che si riferisce anche alla struttura dei diversi elementi: inciso, periodo, frase semifrase, rapporti di lunghezza tra le parti e accentazione, e spesso crea confusione con l'accento ritmico vero e proprio che si riferisce invece alle unità di tempo che compongono la battuta, e che possono essere marcate con accenti forti (che indicano l'inizio della battuta), accenti deboli e mezzoforti.

L'accento metrico quando è riferito alla frase, che è la contenente di incisi strutturati in semifrasi, poi strutturati in periodi e finalmente in frasi è indicato, benché la definizione sia impropria, dalla legatura di frase che inizia all'inizio della frase e termina al termine alla sua fine (da non confondere con la legatura di valore). Utile ricordare che esistono anche quegli accenti che si riferiscono alla suddivisione, cioè alla divisione delle unità di tempo (non della battuta). Generalmente gli accenti forti o deboli sono chiamati battere o levare, 'battere' gli accenti forti e 'levare' gli accenti deboli, 'tesi' l'accento forte (o mezzo forte) e 'arsi' l'accento debole, dal greco. Inoltre il ritmo può essere: tetico,anacrusico e acefalo, cioè tetico se il ritmo comincia in battere, cioè sul primo tempo forte della battuta, anacrusico, quando comincia sul tempo debole cioè in levare, e acefalo quando inizia sempre sull'accento forte ma con una pausa. La chiusura del ritmo può essere piana o tronca, tronca quando l'ultima nota cade sul tempo forte della battuta e piana quando la nota conclusiva cade sul tempo debole. Tutto lo studio musicale è basato sulla divisione ordinata degli accenti che si deve imparare ad esprimere, sia con la voce e sia con gli strumenti. Il ritmo è l'anima della musica, è ciò che dà vita ed espressione e forza alla stessa, e pertanto non può esserne eluso lo studio, bisogna assolutamente impararlo con l'esercizio (se si vuole fare qualcosa di serio) ad avere chiara nella mente la divisione musicale, cioè distinguere chiaramente gli accenti, cosa che si ottiene con studio serio e costante e senza avere fretta. Il ritmo ben appreso è quello che dà tutta la bellezza e l'energia alla musica, e che ci permette di apprezzarne e goderne le esecuzioni, sia vocali che orchestrali.[1][2]). L'accento metrico non ha nulla a che fare con il battere o il levare, che invece sono gli elementi costitutivi del ritmo, battere tempo forte, levare tempo debole nelle misura o battute. L'insieme delle battute o misure si inquadra nella realtà dell'accento metrico come sopra indicato: incisi, semifrasi, frasi, periodi e legature di frase. Comunque alcuni autori chiamano riduttivamente accento metrico l'accento che segnala l'inizio della misura o battuta

Accento ritmico

L'accento ritmico si riferisce alla divisione del brano musicale in accenti forti o deboli organizzati nella cellula ritmica che è la battuta.
Esistono battute binarie ternarie e quaternarie. Nella battuta binaria si ha un accento forte e un accento debole. Nella battuta ternaria generalmente un accento forte e due accenti deboli, nella battuta quaternaria si hanno un accento forte seguito da un accento debole e da un accento mezzoforte e poi ancora uno debole, per distinguerlo dall'accento forte dell'inizio della battuta.
Le battute si chiamano anche misure e gli accenti unità di tempo, e da alcuni chiamate anche movimenti.
Le misure o battute si suddividono anche in misure semplici o misure composte. Le misure semplici hanno l'unità di tempo che a sua volta si suddivide in due sub accenti, mentre nelle misure composte l'unità di tempo si suddivide in tre sub accenti. Le battute vengono generalmente indicate da una frazione posta all'inizio del brano musicale, della quale il numeratore indica il numero degli accenti e il denominatore il valore degli accenti nelle misure semplici, ed invece il numero dei subaccenti per le misure composte al numeratore e al denominatore il valore dei sub accenti come nelle misure semplici. Misure comuni sono per esempio le battute in 2/2, 2/4, 3/4, 4/4 e misure composte sono le battute indicate con 6/8, 9/8, 12/8, eccetera.
La questione può raggiungere livelli di grandi complessità. Lo studio della teoria o solfeggio, o divisione musicale, consiste quindi nell'imparare a riconoscere gli accenti ed a interpretare correttamente gli spartiti per poterli eseguire.
Il ritmo è naturalmente uno schema, una successione di istanti di tempo segnalati dai suoni. Si può dire che il ritmo sia l'ordine dei suoni nel tempo, ovvero come diceva Mozart, 'la musica è il ritmo realizzato per mezzo del suono' e come diceva Goethe 'il ritmo ha qualcosa di magico, ci costringe persino a credere che il sublime ci appartenga (Citazioni tratte da: Luigi Rossi, Teoria Musicale, Edizioni Carrara).
La durata dei suoni e dei silenzi è indicata da valori musicali che sono: la semibreve, la minima la semiminima, la croma, la semicroma, la biscroma e la semibiscroma, che valgono, cominciando dall'inizio 4/4 2/4 1/4 1/8 1/16 1/32 1/64 e relative pause. Le relative grafie o segni o simboli del valore di durata di note o pause si trovano su qualsiasi testo di teoria e solfeggio. La durata di un suono può essere alterata dalla legatura di valore che lega 2 o più note sul pentagramma alla medesima altezza (cioè sullo stesso rigo o nello stesso spazio,) e dal punto di valore che posto a fianco di una nota ne aumenta il valore di metà. Per il valore delle note non esistono valori assoluti o prestabiliti, bensì i valori musicali sono nei loro segni in rapporto di durata. Hanno quindi bisogno di un valore di riferimento che generalmente è l'unità di tempo misurata nel numero di essa contenuto in un minuto. Ottimo a ciò un metronomo.Generalmente l'andamento ritmico del tempo si qualifica coi seguenti termini: grave, largo, larghetto, adagio, andante, andantino, moderato, vivace, presto, prestissimo. La differenza è data dal numero di accenti o unità di tempo presenti in un minuto, così si parte dal grave, a circa 40/5o battiti (misure o umità di tempo) del metronomo sino ad arrivare per gradi sino a 120,130 battiti al minuto per i tempi veloci.[3][4]

Accento dinamico

L'accento dinamico non ha un posto prestabilito fra i tempi o suddivisioni della misura; può essere posto su qualsiasi nota della misura rinforzandone l'intensità. Esso è usato molto nei ritmi sincopati (vedi sincope), perché va a rinforzare proprio il tempo o la suddivisione debole. Si segna graficamente con il simbolo > (maggiore) e viene posto sopra o sotto la nota sulla quale cade l'accento.Per accento dinamico si intende principalmenmte ciò che essenzialmente determina l'intensità del suono, e che appare negli spartiti con le scritte:pp p mp mf rfz f etc.etc.oltre che con l'accentazione propriamente detta della nota.Rispettivamente:pianissimo, piano mezzopiano, mezzo forte, rinforzando,forte, etc.etc. che vengono abbreviate come detto sopra.Ovviamente tutto è riferito all'intensità del suono, un po' come quando si parla si bisbiglia o si urla con tutti i valori di mezzo, che nella musica appunto corrispondono alle indicazioni sopracitate.Per sincope si intende quella situazione musicale che si ha quando sull'accento forte della battuta o della suddivisione si ha al posto di un suono un prolungamento del valore di un suono che trovasi sul tempo debole.Figura simile alla sincope è il contrattempo, che si ha quando al posto del prolungamento del valore dal tempo debole al tempo forte, si ha una pausa.Della dinamica musicale fanno parte anche alcune caratteristiche per esprimere i suoni, indicati con segni sopra le note, lo staccato, il picchettato, lo staccatissimo, il suono appoggiato.Lo staccato si indica con un punto sopra la nota,che fa perdere alla nota parte del suo valore, lo staccatissimo con un accento acuto verticale sopra la nota, e toglie 3/4 del valore della nota, le note con un punto sopra unite da una legatura indicano il mezzo staccato o picchettato nel quale la pausa tra i suoni è minima, invece il suono appoggiato si indica con un trattino sopra la nota e la pausa tra un suono e l'altro in questo caso deve essere impercettibile.

Accento agogico 

L'accento agogico può cadere su una nota qualsiasi della misura. Esso dà maggiore importanza al discorso musicale e all'esecuzione di una frase musicale. Molto usato nel periodo romantico e negli adagi in genere. È segnato con un trattino sopra o sotto la nota e sta ad indicare che il suono deve essere un po' tenuto appoggiato, non sforzato. Inoltre indica variazioni dell'andamento ritmico, cioè del numero di unità di tempo considerate in un minuto che appunto aumentate servono ad accelerare il ritmo e diminuite a rallentarlo, da cui le indicazioni che si trovano negli spartiti come: rallentando, accelerando, affrettando stringendo, precipitando, a tempo (cioè ritorno al tempo iniziale). Esiste anche la dicitura: rubando o rubato con la quale si prescrive anche una certa libertà transitoria dalla legge ritmica.[5][6]

Accento melodico o patetico 

Tale accento rappresenta l'espressione artistica e musicale in genere (dal greco pathos, che significa sentimento). Esso può considerarsi come l'unione dell'accento dinamico con l'accento agogico, perciò il suono deve essere rafforzato e tenuto. Graficamente viene posto sotto la nota con i seguenti segni: >, sf, sfz, sfp. Questo accento può essere posto su qualsiasi nota della composizione.

Considerazione sugli accenti

Gli accenti dinamico, agogico, melodico o patetico sono accenti di carattere musicale espressivo e servono ad avere una buona interpretazione di un brano e a rappresentare il pensiero musicale dell'autore, di conseguenza non hanno un posto prestabilito nella misura o battuta.

Sia l'accento metrico, o di misura, che l'accento ritmico, sono accenti di carattere ritmico e servono appunto per dare un senso ritmico al brano e hanno un posto prestabilito nella misura o battuta.

È chiaro che per comprendere tali accenti è indispensabile che l'esecutore o chi ascolta abbia una buona cultura musicale, uno spiccato senso musicale artistico o comunemente detto un "buon orecchio" per riuscire a captare le piccole differenze di intensità degli accenti. Invece, per comprendere al meglio l'accento patetico-melodico l'esecutore o chi ascolta dovrebbe conoscere il periodo storico del brano, la vita e ciò che vorrebbe rappresentare l'autore.

Fondamentale nel concetto di ritmo sono anche gli accenti che permettono di dare maggiore intensità ad alcune parti del discorso.

Concezione storica

La concezione del ritmo come una successione regolare di suoni con accenti forti e deboli è strettamente connessa alla musica che si è costituita nel Seicento in rapporto all’affermazione del sistema tonale e, in particolare, in rapporto all’affermazione delle forme di danza. Se guardiamo alla tradizione musicale precedente, invece, cioè a quelle dell’epoca barocca e medioevale, constatiamo che tanto il canto gregoriano quando il madrigale si caratterizzavano per un ritmo libero e strettamente connesso alla prosodia della parola. In ogni caso, la regolarità del ritmo e, quindi, nella successione di accenti forti e deboli, si può riscontrare anche a livello naturale: un ritmo di tipo binario si riscontra, ad esempio, nell’alternarsi del giorno e della notte, nel battito cardiaco, nel camminare, ecc.

Nel ritmo distinguiamo due momenti fondamentali: il momento di slancio, detto arsi (dal greco Arsis = elevazione) ed il momento di riposo, detto tesi (da Thesis= pongo), che corrisponde all’accento in battere.

Indice

 
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24 febbraio 2012 5 24 /02 /febbraio /2012 07:50

 

 

Quando ti sei registrato su Facebook hai utilizzato un nome utente buffo e/o bizzarro ed ora ti vergogni a dare l’indirizzo del tuo profilo ad amici e colleghi che te lo chiedono? Vorresti poter rimediare alla situazione, cambiando l’indirizzo della tua pagina Facebook, senza doverti registrare nuovamente sul social network e dover creare un nuovo profilo? Puoi.

Evidentemente non sai ancora come modificare l’URL di Facebook del profilo, ma posso assicurarti che questa possibilità esiste, è una funzione prevista dallo stesso Facebook e bastano una manciata di click per portare tutto in porto. Ancora non ci credi? Beh, prova a seguire queste indicazioni e poi ne riparliamo. 

 

Tutto quello che devi fare per modificare l’URL di Facebook del profilo è collegarti a Facebook utilizzando il tuo account e recarti nelle impostazioni del tuo profilo, cliccando sul pulsante Account (in alto a destra) e selezionando la voce Impostazioni account dal menu che compare.

Nella pagina che si apre, accertati che sia evidenziata la scheda Impostazioni (se non lo è, cliccaci sopra) e clicca sulla voce modifica che trovi di fronte alla dicitura Nome Utente per aprire il pannello di modifica del nome utente (ossia il nome che compare nell’indirizzo della tua pagina Facebook).

Per modificare l’URL di Facebook del profilo, digita il nuovo nome utente che vuoi utilizzare nel campo di testo comparso sotto la voce Nome utente e clicca sul pulsante Verifica disponibilità per accertarti che l’username che hai scelto non sia già in uso da un altro utente.

Se il nome utente è disponibile, Facebook ti avvertirà che cambiandolo avrai anche un nuovo indirizzo di posta elettronica “@facebook.com” e che dopo la modifica non potrai cambiare il tuo username un’altra volta. Se sei d’accordo con queste condizioni, clicca su Conferma e le modifiche saranno applicate in maniera istantanea.

Ecco fatto! Ora torna pure con il petto gonfio in aula o in ufficio e spargi bigliettini da visita con il tuo nuovo indirizzo su Facebook. Farai un figurone!

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24 febbraio 2012 5 24 /02 /febbraio /2012 07:46

 

 

Quando ti sei iscritto a Facebook, credevi che il mondo dei social network non ti piacesse, così hai deciso di registrarti al sito solo per gioco utilizzando un nome fittizio al posto del tuo vero nome. Ora la situazione è cambiata, Facebook è diventato uno strumento di comunicazione fondamentale per te, e quindi vorresti tanto tornare indietro nel tempo per iscriverti con il tuo vero nome.

Ho buone notizie per te, non c’è bisogno di alcuna nuova iscrizione e di nessuna macchina del tempo! Con Facebook è possibile cambiare il proprio nome in caso di “ripensamenti” semplicemente sfruttando le impostazioni del proprio account. Non ci credi? Allora segui le mie indicazioni su come cambiare nome su Facebook e prova tu stesso.

 

Se non sai come cambiare nome su Facebook, tutto quello che devi fare è collegarti alla pagina principale del social network utilizzando i tuoi dati di accesso, cliccare sul pulsante Account collocato in alto a destra e selezionare la voce Impostazioni account dal menu che compare.

Nella pagina che si apre, fai click sull’opzione modifica presente accanto alla voce Nome (il tuo vero nome), compila il modulo che compare sostituendo il tuo nome di Facebook attuale con il tuo vero nome e clicca sul pulsante Salva modifiche per salvare i cambiamenti.

A questo punto, ti viene richiesto di confermare l’operazione. Accertati dunque di aver digitato correttamente il tuo nome e clicca sul pulsante Conferma modifica per inviare definitivamente la tua richiesta di cambiamento del nome a Facebook.

Ricorda che l’operazione può essere effettuata un numero limitato di volte (Facebook non specifica bene quante) e che le modifiche al nome vengono rese effettive entro ventiquattro ore. Nel frattempo, tu prova a disconnetterti e collegarti più volte al sito per vedere quando sono state applicate le modifiche.

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8 gennaio 2012 7 08 /01 /gennaio /2012 10:19

Chiunque abbia una rete adsl con collegamento wifi spesso e volentieri ha problemi per quanto riguarda la potenza del segnale. Vediamo un metodo semplice ma efficace per aumentare la portata del segnale e migliorare quindi la ricezione della propria rete.

Cosa serve

Cosa serve per completare questa guida :

» carta d'alluminio,
» forbici,



Istruzioni

  • 1
    Aumentare la portata del segnale del proprio modem/router wifi è un”operazione tanto semplice quanto efficace. Innanzitutto occorre individuare il posizionamento ideale per il trasmettitore (modem). Conviene posizionarlo in punto centrale dell”ambiente dove si trovano i computer che si necessita connettere alla rete, evitando quindi di metterlo a ridosso di pareti o troppo vicino dalle estremità dell”ambiente in questione.
  • 2
    Nel caso in cui non si possa decidere in maniera libera la posizione d”installazione niente paura, è possibile comunque ottimizzare al meglio il segnale esistente. Innanzitutto verificare che il ricevitore collegato al computer non soffra di problemi di ricezione avvicinandosi il più possibile al trasmettitore per fare una sorta di “prova”. Nel caso sia tutto ok è possibile procedere oltre, altrimenti rivolgersi a un centro di assistenza o contattare un esperto in quanto il problema potrebbe risiedere nei componenti hardware.
  • 3
    Piegare la carta d’alluminio in modo da formare una parabola che abbia come fuoco l’antenna del trasmettitore. Inutile dire che l’arco interno della parabola deve puntare verso la zona d’azione del campo del wifi.
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8 gennaio 2012 7 08 /01 /gennaio /2012 10:16
  • State scaricando un file di grandi dimensioni e volete affrettare il download? Questa è la guida che fa per voi! Basterà installare sul vostro browser un semplice plug-in, del tutto gratuito, che risolverà il problema.
  • 2
    Si tratta di un componente aggiuntivo per il browser firefox, andate al seguente link: addons.mozilla.org/it/firefox/addon/10615
    al centro della pagina cliccate ”aggiungi a firefox” e installate il plug-in.
  • 3
    Dopo l’installazione, per rendere effettiva questa operazione riavviate il vostro browser e al primo download attivate l’opzione per il download veloce, e noterete subito le differenze! Tutto questo è gratuito.
  • 4
    Dopo averlo installato, per rendere effettiva l’operazione riavviate il vostro browser e al primo download attivate l’opzione per aumentare la velocità di scaricamento, noterete i risultati fin da subito!
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