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14 giugno 2014 6 14 /06 /giugno /2014 15:48

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Sei alla ricerca di un pianoforte o di una tastiera elettronica?

Non sai se rivolgere la tua attenzione verso oggetti usati o nuovi, in vendita o in affitto?

D’altra parte ci sono un sacco di marche e di possibilità e per aiutarti oggi voglio darti alcuni consigli.

Innanzi tutto devi aver ben presente il budget massimo da spendere, già questo restringe le opzioni di ricerca. Infatti se il tuo massimo di spesa è intorno ai 1.500/2.500 euro puoi orientarti verso una tastiera elettronica o un piano elettrico nuovi o seminuovi, o verso un pianoforte classico usato.

- PIANOFORTE, PIANOFORTE DIGITALE O TASTIERA ELETTRONICA?

Se sei orientato verso un pianoforte, tieni presente che stai facendo un investimento a lungo termine (un buon pianoforte tenuto bene ha una vita ben superiore ai 50 – 70 o addirittura 100 anni), e sarà per sempre, almeno fino a quando non deciderai di rivenderlo, un pezzo di arredamento della tua casa e rappresenterà il tuo gusto e la tua cultura. In linea di massima perciò l’acquisto di un pianoforte tradizionale dovrebbe prevedere un budget di spesa medio-alto.

Ma noi rimaniamo intorno all’ipotesi di spesa ipotizzata prima di 1.500-2.500 euro.

Si possono trovare anche a questi prezzi buoni pianoforti usati, ma devi fare ben attenzione a non scendere sotto questa cifra, in quanto strumenti di questo tipo a basso costo potrebbero essere di marca scadente o tenuti così male che la loro meccanica potrebbe risultare mediocre o difettosa necessitando quindi di un sacco di lavori di riparazione e manutenzione (alla fine di questo articolo ti indico alcuni accorgimenti per l’acquisto di questa tipologia di strumento).

Ma prima di comprare un pianoforte tradizionale devi fare i conti anche con un altro fattore: lo spazio.

Quanto spazio hai in casa? Dove  pensi di inserire il pianoforte? Hai spazi sufficienti anche per il trasporto del pianoforte attraverso le stanze o, eventualmente, le scale?

Infatti se ad esempio hai intenzione di collocare il piano in una stanza superiore o inferiore, devi prendere bene le misure della larghezza delle scale e delle porte e delle eventuali curve o deviazioni: il pianoforte è uno strumento molto ingombrante e pesante e non può essere smontato per il trasporto, o può esserlo sono in minima parte.

Naturalmente tra un piano a coda o mezza coda e un piano verticale le misure cambiano enormemente e il piano verticale su può adattare pressappoco a qualsiasi situazione, spazio e parete, mentre il piano a coda/mezza coda ha bisogno di uno spazio ben più ampio.

Anche se la Kawai ha costruito un pianoforte con una coda molto piccola adatto anche a spazi ristretti. E’ il GM-10 con dimensioni di 150 cm di larghezza per 150 cm di lunghezza con una altezza di 1 metro. Il prezzo per il nuovo è intorno agli 8.000 euro.

 VUOI ACQUISTARE UN PIANOFORTE O UNA TASTIERA? ECCO ALCUNI CONSIGLI

Pianoforte Kawai GM-10

Ma ci si può orientare anche verso l’acquisto di una tastiera elettronica o un piano digitale. Delle due la seconda opzione e a mio avviso quella più appropriata per chi desideri cimentarsi in seguito verso lo studio del pianoforte vero e proprio, o per i genitori che desiderino introdurre il proprio figlio allo studio del pianoforte ma, per ovvie ragioni, non sono sicuri che poi lo studio andrà a buon fine e quindi non vogliono spendere grosse cifre per l’acquisto di un pianoforte tradizionale che poi potrebbe rimanere inutilizzato.

E’ bene in questo caso scegliere pianoforti digitali con tasti pesati, con tasti cioè che simulano la resistenza del tasto del pianoforte. Infatti il pianoforte ha tutta una serie di strumenti e sistemi che permettono la produzione del suono con l’azione del martelletto sulla corda attraverso l’abbassamento del tasto. Questi sistemi fanno si che il tasto opponga una  forza contraria all’azione del dito e conferiscono al suono tutta una gamma di colori e volumi tipici del pianoforte che rendono ogni pianista diverso e originale in base alla propria sensibilità e qualità tecnica. Una buona tastiera pesata deve simulare il più possibile questa forza.

Ora è naturale che la capacità espressiva di un pianoforte non potrà mai essere eguagliata da nessuna tastiera, e la tecnica pianistica si impara solamente su di un pianoforte tradizionale, anche se esistono in commercio pianoforti digitali con performances veramente notevoli. Quindi se dopo un po’ di tempo trascorso a studiare su di una tastiera elettronica o un piano elettrico si sente l’esigenza di imparare a suonare il pianoforte acustico, o il nostro bambino ha doti naturali per studiare su di un pianoforte vero e proprio, è bene passare immediatamente all’acquisto di questo strumento, visitando magari il reparto usato dei negozi.

Ma alla resa dei conti, se non vogliamo comprare un pianoforte acustico e non sappiamo ancora se il nostro futuro o il futuro di nostro figlio sia di suonare il piano, verso quale strumento dobbiamo indirizzare la nostra ricerca: piano digitale o tastiera elettronica?

In realtà c’è anche una terza strada che è quella di affittare il pianoforte, ma in questo caso si spendono comunque un bel po’ di soldi e alla fine lo strumento non è nostro.

Quindi vediamo quali sono i vantaggi dell’acquisto dell’uno o dell’altro strumento.

Se non si hanno particolari esigenze una tastiera elettronica è sicuramente lo strumento più economico che esista, in quanto si possono trovare in commercio tastiere nuove a prezzi che vanno dalle poche centinaia di euro (250 – 300) in su. Questo tipo di strumenti è adatto soprattutto per coloro che vogliano usare la tastiera come supporto allo studio del canto o, come dicevo prima, per provare ad avvicinarsi allo studio del pianoforte e ponderare meglio in seguito la scelta di uno strumento più appropriato.

Naturalmente esistono tastiere con performances più elevate e costi più alti come la Korg M3-88 Xp Xpanded, con una grande quantità di funzioni e possibilità, ma adatta a professionisti del settore più che ad aspiranti musicisti.

 VUOI ACQUISTARE UN PIANOFORTE O UNA TASTIERA? ECCO ALCUNI CONSIGLI

Korg M3-88 XP Xpanded. Il prezzo è intorno ai 2.500 euro

Per chi invece desidera un piano digitale, è possibile tranquillamente rientrare nel budget che ci siamo prefissati in precedenza anche scegliendo prodotti nuovi. Infatti tutte le più grandi marche mettono a disposizione strumenti di eccellente qualità con prezzi che vanno dai 1.500 euro (il mio consiglio è non scendere sotto questa cifra) in su, come ad esempio il Clavinova CLP430R della Yamaha o il Roland RP 301R (di un bellissimo color bianco) o il Korg C-540, tutti con una dinamica soddisfacente sia per lo studio sia per un utilizzo futuro.

 VUOI ACQUISTARE UN PIANOFORTE O UNA TASTIERA? ECCO ALCUNI CONSIGLI

Piano digitale Roland RP301R WHITE

Naturalmente oltre a queste marche ce ne sono molte altre che offrono strumenti di ottima qualità. Le principali sono: Alesis, Casio, Daewoo, Bohm, Farfisa, Gem, Hammond, Kawai, Kurzweil, Solton… e di sicuro me ne scordo altrettante.

- ACQUISTARE UN PIANOFORTE USATO

I pianoforti non perdono il loro valore negli anni se sono ben tenuti e ben curati, quindi puoi trovare nel reparto usato dei negozi ottimi strumenti, ma è necessario adottare alcuni accorgimenti per evitare brutte sorprese.

Il primo consiglio è di portare con sé un pianista esperto o un accordatore di pianoforti per controllare dal punto di vista professionale lo strumento che stiamo per acquistare. Alcuni problemi possono essere visti solo da un occhio esperto, come la presenza di piccoli tarli nel legno che possono danneggiarne la struttura. Se stai seguendo un corso di pianoforte puoi ad esempio chiedere al tuo insegnante di unirsi a te nella visita al negozio.

Dentro al negozio prenditi tutto il tempo che vuoi: siediti davanti a tutti gli strumenti, suonali, ascolta il suono che ne scaturisce, esplorali e chiedi di poter vedere all’interno come si presenta la struttura.

Non avere fretta, prenditi almeno un paio d’ore per provare tutti gli strumenti che ti piacciono. Osservali anche dal punto di vista estetico, perchè quello che sceglierai diventerà un pezzo d’arredamento della tua casa per molti anni.

Non comprare mai sotto pressione, se ti senti influenzato dal venditore prendi tempo e torna il giorno successivo. Stai per prendere una decisione che comporta una spesa notevole e che condizionerà anche il tuo livello di studio.

Fai al venditore tutte le domande che ti vengono in mente riguardo alle prestazioni, al suono, ai materiali esterni e interni che lo costituiscono, agli eventuali lavori di manutenzione, accordatura…. insomma non tralasciare niente.

E infine, il pianoforte è uno strumento con il quale instaurerai un rapporto molto stretto, diventerà per te un amico, un confidente, ti rivolgerai a lui nei tuoi momenti di solitudine e nei tuoi momenti di gioia, attraverso il pianoforte proverai emozioni e le farai provare ad altre persone. Il tuo pianoforte è già lì che ti sta aspettando, tra tutti quelli esposti ce n’è solo e soltanto uno che ti riempie gli occhi e dal quale ti senti attratto: è quello che devi possedere e non altri. Potrai visitare tutti i negozi che vuoi ma alla fine tornerai sempre da lui, quindi non aspettare oltre… se rispetta tutti i requisiti che abbiamo analizzato prima, portalo a casa!

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11 aprile 2012 3 11 /04 /aprile /2012 10:13
In un'epoca di strapotere del formato digitale, nella quale l'mp3 ha preso ormai il sopravvento su qualsiasi altra forma di diffusione della musica, il disco in vinile può sembrare come un antico dinosauro, passato ormai di moda e inservibile. Invece ne esiste un florido mercato e certi pezzi, se debitamente conservati, negli anni possono aver preso valore.
  • 1
    Come Maneggiare Un Disco In Vinile
    Quindi attenzione ai vecchi scatoloni in cantina o in soffitta: potrebbero contenere veri e propri tesori, magari abbandonati là nella polvere dai nostri genitori o dai nostri nonni. Ovviamente quello che ci serve sapere è in che stato si sono conservati questi dischi e soprattutto come possiamo fare per maneggiarli senza rischiare di fare danni, perchè il vinile è un materiale di grande fascino, ma anche altrettanto fragile rispetto a un cd.
  • 2 Prima regola da seguire accuratamente: evitiamo di toccare il disco con le dita sporche o unte, ma anche con qualsiasi tipo di oggetto che possa graffiare o macchiare il vinile, come per esempio un anello, un piercing sporgente, una sigaretta o anche unghie particolarmente lunghe. Segnare la superficie del disco è davvero un attimo, e questo significherebbe comprometterne il funzionamento. Evitiamo anche, eventualmente, di spolverarlo in maniera troppo energica o con una superficie ruvida (es. una spugna).
  • 3 Per prendere in mano un disco, quindi, facciamo attenzione a non toccarne mai i solchi: i punti giusti su cui tenere le mani sono il centro, dove c'è generalmente l'etichetta con il titolo o i titoli delle canzoni contenute, e gli estremi bordi del vinile, dove non è inciso nulla. Anche per farlo partire nel giradischi, l'avvertenza è la medesima: abbiate cura di come e dove appoggiate la puntina, è un'operazione da effettuare con dolcezza e senza fretta.
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26 febbraio 2012 7 26 /02 /febbraio /2012 17:26

Il ritmo è il susseguirsi di una serie di accenti (cellula ritmica) con una periodica regolarità. Esso è basato sulla suddivisione del tempo in forme e misure variabili, talvolta regolari e simmetriche altre volte irregolari e asimmetriche. Il ritmo è quindi un movimento che si ripete regolarmente (si pensi per esempio ad un orologio a pendolo). Qualsiasi movimento che non si ripeta regolarmente può essere detto come "aritmico".

L'aspetto ritmico della musica, che è strettamente collegato alla danza, è molto antico, forse il più antico in assoluto: non a caso i tamburi e altri strumenti a percussione, che essendo a suono indeterminato, possono produrre solo ritmi, sono i primi strumenti musicali conosciuti, e sono presenti anche presso le culture più primitive. Questo è indubbiamente dovuto al fatto che suoni ritmici (il tamburellare delle gocce di pioggia, lo scrosciare di un ruscello, il canto degli uccelli) sono presenti in natura e ben si prestano ad essere imitati.

Il ritmo è definito come una successione di accenti, intendendo con accento il maggior rilievo (variazione di intensità o di enfasi) che alcuni suoni hanno rispetto ad altri nell'ambito di un brano o una frase musicale. Avremo allora suoni più accentati (accento forte), meno accentati (accento debole) o non accentati. La sequenza degli accenti di un brano musicale tende normalmente a ripetersi a intervalli regolari ed è questa ripetizione che viene chiamata ritmo del brano: la più breve sequenza non periodica (quella che viene ripetuta) viene anche chiamata cellula ritmica. L'accentuazione dei suoni di un brano musicale può anche avere altre funzioni, e gli accenti vengono così distinti in diverse tipologie: di accento metrico, ritmico, dinamico, agogico, melodico o patetico.

Quando un brano è composto di più voci (umane o strumentali), il ritmo è avvertibile in misura diversa nelle varie parti: la melodia è spesso quella meno vincolata dal ritmo. In questo caso, il compito di scandire il ritmo è affidato soprattutto ad alcuni strumenti che vengono collettivamente chiamati sezione ritmica. Strumenti come le percussioni, il contrabbasso e il basso elettrico, il pianoforte e la chitarra sono normalmente considerati parte della sezione ritmica, anche se possono svolgere (e spesso svolgono) funzioni solistiche (e quindi non ritmiche). A volte un intero gruppo (sezione) di strumenti viene impiegato in funzione ritmica - ad esempio la sezione dei violini in certi passaggi orchestrali.

Accento metrico (battere e levare)

L'accento metrico o di misura è quello che cade sul primo movimento di ogni misura. Questo accento non è segnato graficamente ma è sottinteso, in parole povere è il "battere". Laddove in generale il primo movimento della misura viene normalmente eseguito con accentazione forte, seguita da un accento debole, il suonare in levare intende lo spostamento dell'accentazione forte sul movimento successivo.

Esso nella maggior parte delle volte non si avverte, o meglio nell'esecuzione non gli viene dato un certo rilievo artistico-interpretativo. Invece in alcune composizioni come il valzer (misura ternaria semplice), la marcia (misura binaria o quaternaria semplice o composta), l'accento metrico si deve far sentire perché esso fa parte dello stile del brano o composizione. L'accento metrico è soprattutto in musica quella parte che si riferisce anche alla struttura dei diversi elementi: inciso, periodo, frase semifrase, rapporti di lunghezza tra le parti e accentazione, e spesso crea confusione con l'accento ritmico vero e proprio che si riferisce invece alle unità di tempo che compongono la battuta, e che possono essere marcate con accenti forti (che indicano l'inizio della battuta), accenti deboli e mezzoforti.

L'accento metrico quando è riferito alla frase, che è la contenente di incisi strutturati in semifrasi, poi strutturati in periodi e finalmente in frasi è indicato, benché la definizione sia impropria, dalla legatura di frase che inizia all'inizio della frase e termina al termine alla sua fine (da non confondere con la legatura di valore). Utile ricordare che esistono anche quegli accenti che si riferiscono alla suddivisione, cioè alla divisione delle unità di tempo (non della battuta). Generalmente gli accenti forti o deboli sono chiamati battere o levare, 'battere' gli accenti forti e 'levare' gli accenti deboli, 'tesi' l'accento forte (o mezzo forte) e 'arsi' l'accento debole, dal greco. Inoltre il ritmo può essere: tetico,anacrusico e acefalo, cioè tetico se il ritmo comincia in battere, cioè sul primo tempo forte della battuta, anacrusico, quando comincia sul tempo debole cioè in levare, e acefalo quando inizia sempre sull'accento forte ma con una pausa. La chiusura del ritmo può essere piana o tronca, tronca quando l'ultima nota cade sul tempo forte della battuta e piana quando la nota conclusiva cade sul tempo debole. Tutto lo studio musicale è basato sulla divisione ordinata degli accenti che si deve imparare ad esprimere, sia con la voce e sia con gli strumenti. Il ritmo è l'anima della musica, è ciò che dà vita ed espressione e forza alla stessa, e pertanto non può esserne eluso lo studio, bisogna assolutamente impararlo con l'esercizio (se si vuole fare qualcosa di serio) ad avere chiara nella mente la divisione musicale, cioè distinguere chiaramente gli accenti, cosa che si ottiene con studio serio e costante e senza avere fretta. Il ritmo ben appreso è quello che dà tutta la bellezza e l'energia alla musica, e che ci permette di apprezzarne e goderne le esecuzioni, sia vocali che orchestrali.[1][2]). L'accento metrico non ha nulla a che fare con il battere o il levare, che invece sono gli elementi costitutivi del ritmo, battere tempo forte, levare tempo debole nelle misura o battute. L'insieme delle battute o misure si inquadra nella realtà dell'accento metrico come sopra indicato: incisi, semifrasi, frasi, periodi e legature di frase. Comunque alcuni autori chiamano riduttivamente accento metrico l'accento che segnala l'inizio della misura o battuta

Accento ritmico

L'accento ritmico si riferisce alla divisione del brano musicale in accenti forti o deboli organizzati nella cellula ritmica che è la battuta.
Esistono battute binarie ternarie e quaternarie. Nella battuta binaria si ha un accento forte e un accento debole. Nella battuta ternaria generalmente un accento forte e due accenti deboli, nella battuta quaternaria si hanno un accento forte seguito da un accento debole e da un accento mezzoforte e poi ancora uno debole, per distinguerlo dall'accento forte dell'inizio della battuta.
Le battute si chiamano anche misure e gli accenti unità di tempo, e da alcuni chiamate anche movimenti.
Le misure o battute si suddividono anche in misure semplici o misure composte. Le misure semplici hanno l'unità di tempo che a sua volta si suddivide in due sub accenti, mentre nelle misure composte l'unità di tempo si suddivide in tre sub accenti. Le battute vengono generalmente indicate da una frazione posta all'inizio del brano musicale, della quale il numeratore indica il numero degli accenti e il denominatore il valore degli accenti nelle misure semplici, ed invece il numero dei subaccenti per le misure composte al numeratore e al denominatore il valore dei sub accenti come nelle misure semplici. Misure comuni sono per esempio le battute in 2/2, 2/4, 3/4, 4/4 e misure composte sono le battute indicate con 6/8, 9/8, 12/8, eccetera.
La questione può raggiungere livelli di grandi complessità. Lo studio della teoria o solfeggio, o divisione musicale, consiste quindi nell'imparare a riconoscere gli accenti ed a interpretare correttamente gli spartiti per poterli eseguire.
Il ritmo è naturalmente uno schema, una successione di istanti di tempo segnalati dai suoni. Si può dire che il ritmo sia l'ordine dei suoni nel tempo, ovvero come diceva Mozart, 'la musica è il ritmo realizzato per mezzo del suono' e come diceva Goethe 'il ritmo ha qualcosa di magico, ci costringe persino a credere che il sublime ci appartenga (Citazioni tratte da: Luigi Rossi, Teoria Musicale, Edizioni Carrara).
La durata dei suoni e dei silenzi è indicata da valori musicali che sono: la semibreve, la minima la semiminima, la croma, la semicroma, la biscroma e la semibiscroma, che valgono, cominciando dall'inizio 4/4 2/4 1/4 1/8 1/16 1/32 1/64 e relative pause. Le relative grafie o segni o simboli del valore di durata di note o pause si trovano su qualsiasi testo di teoria e solfeggio. La durata di un suono può essere alterata dalla legatura di valore che lega 2 o più note sul pentagramma alla medesima altezza (cioè sullo stesso rigo o nello stesso spazio,) e dal punto di valore che posto a fianco di una nota ne aumenta il valore di metà. Per il valore delle note non esistono valori assoluti o prestabiliti, bensì i valori musicali sono nei loro segni in rapporto di durata. Hanno quindi bisogno di un valore di riferimento che generalmente è l'unità di tempo misurata nel numero di essa contenuto in un minuto. Ottimo a ciò un metronomo.Generalmente l'andamento ritmico del tempo si qualifica coi seguenti termini: grave, largo, larghetto, adagio, andante, andantino, moderato, vivace, presto, prestissimo. La differenza è data dal numero di accenti o unità di tempo presenti in un minuto, così si parte dal grave, a circa 40/5o battiti (misure o umità di tempo) del metronomo sino ad arrivare per gradi sino a 120,130 battiti al minuto per i tempi veloci.[3][4]

Accento dinamico

L'accento dinamico non ha un posto prestabilito fra i tempi o suddivisioni della misura; può essere posto su qualsiasi nota della misura rinforzandone l'intensità. Esso è usato molto nei ritmi sincopati (vedi sincope), perché va a rinforzare proprio il tempo o la suddivisione debole. Si segna graficamente con il simbolo > (maggiore) e viene posto sopra o sotto la nota sulla quale cade l'accento.Per accento dinamico si intende principalmenmte ciò che essenzialmente determina l'intensità del suono, e che appare negli spartiti con le scritte:pp p mp mf rfz f etc.etc.oltre che con l'accentazione propriamente detta della nota.Rispettivamente:pianissimo, piano mezzopiano, mezzo forte, rinforzando,forte, etc.etc. che vengono abbreviate come detto sopra.Ovviamente tutto è riferito all'intensità del suono, un po' come quando si parla si bisbiglia o si urla con tutti i valori di mezzo, che nella musica appunto corrispondono alle indicazioni sopracitate.Per sincope si intende quella situazione musicale che si ha quando sull'accento forte della battuta o della suddivisione si ha al posto di un suono un prolungamento del valore di un suono che trovasi sul tempo debole.Figura simile alla sincope è il contrattempo, che si ha quando al posto del prolungamento del valore dal tempo debole al tempo forte, si ha una pausa.Della dinamica musicale fanno parte anche alcune caratteristiche per esprimere i suoni, indicati con segni sopra le note, lo staccato, il picchettato, lo staccatissimo, il suono appoggiato.Lo staccato si indica con un punto sopra la nota,che fa perdere alla nota parte del suo valore, lo staccatissimo con un accento acuto verticale sopra la nota, e toglie 3/4 del valore della nota, le note con un punto sopra unite da una legatura indicano il mezzo staccato o picchettato nel quale la pausa tra i suoni è minima, invece il suono appoggiato si indica con un trattino sopra la nota e la pausa tra un suono e l'altro in questo caso deve essere impercettibile.

Accento agogico 

L'accento agogico può cadere su una nota qualsiasi della misura. Esso dà maggiore importanza al discorso musicale e all'esecuzione di una frase musicale. Molto usato nel periodo romantico e negli adagi in genere. È segnato con un trattino sopra o sotto la nota e sta ad indicare che il suono deve essere un po' tenuto appoggiato, non sforzato. Inoltre indica variazioni dell'andamento ritmico, cioè del numero di unità di tempo considerate in un minuto che appunto aumentate servono ad accelerare il ritmo e diminuite a rallentarlo, da cui le indicazioni che si trovano negli spartiti come: rallentando, accelerando, affrettando stringendo, precipitando, a tempo (cioè ritorno al tempo iniziale). Esiste anche la dicitura: rubando o rubato con la quale si prescrive anche una certa libertà transitoria dalla legge ritmica.[5][6]

Accento melodico o patetico 

Tale accento rappresenta l'espressione artistica e musicale in genere (dal greco pathos, che significa sentimento). Esso può considerarsi come l'unione dell'accento dinamico con l'accento agogico, perciò il suono deve essere rafforzato e tenuto. Graficamente viene posto sotto la nota con i seguenti segni: >, sf, sfz, sfp. Questo accento può essere posto su qualsiasi nota della composizione.

Considerazione sugli accenti

Gli accenti dinamico, agogico, melodico o patetico sono accenti di carattere musicale espressivo e servono ad avere una buona interpretazione di un brano e a rappresentare il pensiero musicale dell'autore, di conseguenza non hanno un posto prestabilito nella misura o battuta.

Sia l'accento metrico, o di misura, che l'accento ritmico, sono accenti di carattere ritmico e servono appunto per dare un senso ritmico al brano e hanno un posto prestabilito nella misura o battuta.

È chiaro che per comprendere tali accenti è indispensabile che l'esecutore o chi ascolta abbia una buona cultura musicale, uno spiccato senso musicale artistico o comunemente detto un "buon orecchio" per riuscire a captare le piccole differenze di intensità degli accenti. Invece, per comprendere al meglio l'accento patetico-melodico l'esecutore o chi ascolta dovrebbe conoscere il periodo storico del brano, la vita e ciò che vorrebbe rappresentare l'autore.

Fondamentale nel concetto di ritmo sono anche gli accenti che permettono di dare maggiore intensità ad alcune parti del discorso.

Concezione storica

La concezione del ritmo come una successione regolare di suoni con accenti forti e deboli è strettamente connessa alla musica che si è costituita nel Seicento in rapporto all’affermazione del sistema tonale e, in particolare, in rapporto all’affermazione delle forme di danza. Se guardiamo alla tradizione musicale precedente, invece, cioè a quelle dell’epoca barocca e medioevale, constatiamo che tanto il canto gregoriano quando il madrigale si caratterizzavano per un ritmo libero e strettamente connesso alla prosodia della parola. In ogni caso, la regolarità del ritmo e, quindi, nella successione di accenti forti e deboli, si può riscontrare anche a livello naturale: un ritmo di tipo binario si riscontra, ad esempio, nell’alternarsi del giorno e della notte, nel battito cardiaco, nel camminare, ecc.

Nel ritmo distinguiamo due momenti fondamentali: il momento di slancio, detto arsi (dal greco Arsis = elevazione) ed il momento di riposo, detto tesi (da Thesis= pongo), che corrisponde all’accento in battere.

Indice

 
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11 dicembre 2011 7 11 /12 /dicembre /2011 22:12

Nella teoria musicale, la scala maggiore è una delle scale musicali (ed in particolare una delle scale diatoniche) eptafoniche (ovvero composta da sette suoni lungo un intervallo di ottava), il cui modo è individuato dalla sequenza di intervalli mostrata qui di seguito (i gradi della scala sono indicati con i numeri romani):

 I II III IV V VI VII I (VIII) Tono Tono Semit. Tono Tono Tono Semit. 

A partire da una qualsiasi nota è possibile costruire la scala maggiore corrispondente scegliendo le rimanenti note tra le dodici possibili contenute in un'ottava in modo da rispettare la successione di intervalli suindicata. A partire dalla nota Do, ad esempio, si ottiene la scala di Do maggiore:

C maj.png

Vista come successione di otto suoni (sette più la prima un'ottava sopra), ogni scala eptafonica può essere suddivisa in due gruppi di quattro suoni, detti tetracordi. Nel caso della scala maggiore entrambi i tetracordi (Do-Re-Mi-Fa e Sol-La-Si-Do), separati da un intervallo di un tono, sono individuati dalla sequenza di intervalli in ordine ascendente tono - tono - semitono come qui di seguito mostrato:

 Do Re Mi Fa Sol La Si Do tono tono semitono tono tono tono semitono 

Sulla tastiera del pianoforte, la scala maggiore più semplice è quella di Do. È l'unica scala maggiore che usa solo i tasti bianchi della tastiera, e quindi non ha alterazioni (diesis o bemolli) in chiave.

Quando si scrivono le scale maggiori (e quelle minori), ogni riga e spazio sul pentagramma deve essere riempito, e nessuna nota può avere più di un'alterazione. Questo fa sì che l'armatura di chiave abbia solo diesis oppure solo bemolli; le normali scale maggiori non usano mai entrambe le alterazioni.

La scala maggiore equivale al modo ionico.

 

Costruire le scale maggiori 

Analisi delle scale maggiori con diesis 

Scale e armature di chiave sono strettamente connesse. È necessario costruire una armatura di chiave - che consiste di una serie di diesis o bemolle - per sapere quali note ci sono in una certa scala maggiore. Un modo facile e istruttivo, ma noioso, per scrivere le alterazioni in chiave della scala voluta, è quello di usare la sequenza tono/tono/semitono/ecc. spiegata in precedenza. Se scegliamo di scrivere la scala in Re maggiore, sappiamo che la scala comincia con un Re. La nota seguente sarà un tono sopra - un Mi. La nota ancora dopo sarà un tono sopra il Mi. Poiché il Fa è solo un semitono più in alto del Mi (sulla tastiera del pianoforte non c'è un tasto nero tra queste due note), è necessario alzare il Fa e farlo diventare un Fa diesis per raggiungere la differenza di un tono tra le note. Si può continuare fino a creare l'intera scala con tutti i diesis (o bemolle, a seconda della scala) al posto giusto.

Un modo più semplice per costruire le scale si ottiene analizzando la serie completa delle scale maggiori. Partendo dalla scala di Do maggiore, non ci sono diesis o bemolle. Se si crea una scala maggiore sulla quinta di Do maggiore - Sol maggiore - si avrà un Fa#. Se si crea una scala maggiore sulla quinta di Sol maggiore - Re maggiore - si dovranno mettere in chiave due alterazioni: un Fa# e un Do#. Continuando la sequenza si ottiene:

 Do maggiore - 0 diesis Sol maggiore - 1 diesis - Fa# Re maggiore - 2 diesis - Fa# Do# La maggiore - 3 diesis - Fa# Do# Sol# Mi maggiore - 4 diesis - Fa# Do# Sol# Re# Si maggiore - 5 diesis - Fa# Do# Sol# Re# La# Fa# maggiore - 6 diesis - Fa# Do# Sol# Re# La# Mi# Do# maggiore - 7 diesis - Fa# Do# Sol# Re# La# Mi# Si# 

In questa tabella si può vedere come per ogni nuova scala (che inizia sulla quinta della precedente) è necessario aggiungere un nuovo diesis. L'ordine dei diesis che devono essere aggiunti è il seguente: Fa#, Do#, Sol#, Re#, La#, Mi#, Si#.

Se si osserva attentamente, l'ultima alterazione si aggiunge alla tonica (la prima nota) della scala costruita due quinte indietro (in questa tabella, due righe più in alto). Una regola utile da usare per riconoscere le scale maggiori con i diesis è che la tonica è sempre un semitono sopra l'ultimo diesis.

Analisi delle scale maggiori con bemolle

Una tabella simile può essere costruita per le scale maggiori che contengono bemolli. In questo caso ogni nuova scala comincia sulla quinta sotto la precedente (il che equivale a una quarta sopra):

 Do maggiore - 0 bemolle Fa maggiore - 1 bemolle - Sib Sib maggiore - 2 bemolle - Sib Mib Mib maggiore - 3 bemolle - Sib Mib Lab Lab maggiore - 4 bemolle - Sib Mib Lab Reb Reb maggiore - 5 bemolle - Sib Mib Lab Reb Solb Solb maggiore - 6 bemolle - Sib Mib Lab Reb Solb Dob Dob maggiore - 7 bemolle - Sib Mib Lab Reb Solb Dob Fab 

Si può riconoscere una sequenza simile alla precedente: ogni nuova scala mantiene i bemolle della precedente e ne aggiunge uno dalla sequenza: Sib, Mib, Lab, Reb, Solb, Dob, Fab. È l'inverso della sequenza dei diesis data in precedenza.

Anche in questo caso c'è una relazione tra la tonica e gli accidenti: la tonica corrisponde al penultimo bemolle.

Il circolo delle quinte

Le informazioni ricavate dall'analisi delle scale possono essere utilizzate per la costruzione del circolo delle quinte:

Circolo delle quinte.JPG

È un modo utile per trovare le alterazioni di chiave delle scale maggiori. Partendo dal Do in alto e proseguendo in senso orario, ogni nota rappresenta una scala, una quinta sopra la nota precedente. Questo significa che ogni nuova scala (in senso orario) richiede un diesis in più nell'armatura di chiave. Il numero di diesis da aggiungere dipende dalla distanza dal Do in alto, e si possono leggere a partire dal Fa. Per esempio, per sapere quanti e quali diesis si devono usare in una scala di Mi maggiore, vediamo che Mi dista quattro note da Do - quindi ci servono quattro diesis. Questi diesis sono (partendo da Fa): Fa#, Do#, Sol#, Re#. Se in chiave si leggono 5 diesis, basta contare 5 dall'alto per arrivare a Si: è la scala di Si maggiore.


In maniera simile si possono trovare le alterazioni con i bemolle. Ogni nota a partire dal Do in alto, ma proseguendo questa volta in senso antiorario, rappresenta una nuova scala, e la posizione della nota indica quanti bemolle ha. I bemolle si trovano in senso antiorario a partire da Sib: Sib è a due note di distanza da Do, quindi ha due bemolle: Sib e Mib.

Proprietà armoniche 

La scala maggiore ha proprietà armoniche uniche:

  • consente di costruire triadi maggiori o minori, sia stabili che consonanti, su ogni grado della scala escluso il settimo;
  • presenta una quinta diminuita nell'accordo di settima costruito sul quinto grado, la dominante;
  • il settimo grado è definito sensibile, in quanto dista di un semitono dalla tonica;
  • di quasi tutte le note della scala esiste la quinta giusta in ogni direzione, con le eccezioni della quinta sopra il settimo grado e della quinta sotto il quarto grado.
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9 dicembre 2011 5 09 /12 /dicembre /2011 13:06

The Dark Side of the Moon (intitolato Dark Side of the Moon nell'edizione CD del 1993), in italiano "Il lato oscuro della Luna", è un concept album (l'ottavo in studio) del gruppo musicale britannico Pink Floyd, pubblicato il 17 marzo 1973 negli Stati Uniti dalla Capitol Records e il 24 marzo dello stesso anno nel Regno Unito dalla Harvest Records.[3] L'opera nacque dopo numerose sperimentazioni musicali che i Pink Floyd studiarono durante i loro live o registrazioni, ma senza le lunghe parti strumentali che erano diventate una caratteristica peculiare del gruppo dopo l'abbandono nel 1968 di Syd Barrett, membro fondatore e principale compositore e paroliere del gruppo.[2] Tra i temi del concept vi sono inclusi il conflitto interiore, il rapporto con il denaro, il trascorrere del tempo e quello dell'alienazione mentale,[4] ispirato in parte dai disturbi mentali di Barrett.[2]

L'album si sviluppò come parte del tour del 1971, in seguito alla pubblicazione di Meddle, e iniziò a essere pubblicizzato diversi mesi prima dell'inizio effettivo delle registrazioni in studio.[5] Il nuovo materiale venne migliorato e raffinato durante il Dark Side of the Moon Tour, e fu registrato in due sessioni nel 1972 e nel 1973 negli Abbey Road Studios di Londra.[6] I Pink Floyd usarono alcune delle tecniche di registrazione più avanzate dell'epoca, inclusi la registrazione multitraccia e i loop.[7] In molte tracce si usarono sintetizzatori analogici e, in sottofondo, anche una serie di interviste con la band e lo staff tecnico in forma di aforismi filosofici. Il tecnico del suono Alan Parsons contribuì alla realizzazione di alcuni degli aspetti sonori più innovativi, incluso il ticchettìo e lo scoccare degli orologi in Time.[8]

The Dark Side of the Moon fu un successo immediato, mantenne il primo posto della classifica statunitense Top LPs & Tapes per una settimana[9] e vi rimase per altre 741 dal 1973 al 1988.[10] A giugno 2011 ha toccato le 1000 settimane nella classifica US Top Catalog.Con 49 milioni di copie vendute, è quello di maggiore successo dei Pink Floyd e uno dei più venduti della storia.[11] È stato rimasterizzato e ripubblicato in due occasioni, oltre alle varie reinterpretazioni di vari gruppi musicali. Furono estratti due singoli: Money e Us and Them.

Oltre al suo successo commerciale, The Dark Side of the Moon è spesso considerato uno dei migliori album di tutti i tempi, sia dai critici sia dai semplici appassionati.

Nel 2003 è stato pubblicato Classic Albums: Pink Floyd – The Making of The Dark Side of the Moon, film documentario sulla sua realizzazione.[12]

Antefatti 

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Allestimento di The Dark Side of the Moonnel concerto di Roger Waterspresso l'Arena di Veronanel giugno del 2006

Dopo il lancio di Meddle, i membri della band si riunirono nel dicembre del 1971 per un tour in Regno Unito, Giappone e Stati Uniti. Mentre provavano in Broadhurst Gardens, a Londra, avevano in prospettiva la creazione di nuove canzoni.[13] In una riunione a casa del batterista Nick Mason a Camden, il bassista Roger Waters propose di integrare il nuovo album come parte del tour. L'idea di Waters consisteva in un disco trattante temi che «facessero arrabbiare la gente», focalizzandosi sulle pressioni che dovette fronteggiare la band per il suo stile di vita e sui problemi mentali che aveva l'ex-membro del gruppo, Syd Barrett.[14][15][16] Avevano già studiato un'idea simile in The Man and the Journey, un'opera musicale concettuale che suonavano durante i loro concerti del 1969.[17] In un'intervista concessa alla rivista Rolling Stone, David Gilmour disse:[18]

In generale, i quattro membri del gruppo furono d'accordo nell'accogliere l'idea di Waters di un album basato su un unico tema come buona.[18] Il bassista e paroliere principale Roger Waters, il chitarrista David Gilmour, il batterista Nick Mason e il tastierista Richard Wright parteciparono alla composizione e alla produzione del nuovo materiale, e Waters registrò i primi demo nella sua casa di Islington, in un piccolo studio di registrazione allestito in un capanno in giardino.[19] Alcune parti dei nuovi pezzi erano estratti rimasti inutilizzati in passato: l'inizio di Breathe, ad esempio, risale a un lavoro precedente di Waters e Ron Geesin composto per la colonna sonora del documentario The Body,[20] mentre la struttura di Us and Them deriva da una composizione originale scritta per la pellicola Zabriskie Point. La band provò in un magazzino di Londra che apparteneva ai Rolling Stones, poi nel Rainbow Theatre. Inoltre comprarono un nuovo equipaggiamento, inclusi nuovi amplificatori, altoparlanti, una mixer di 28 canali con quattro uscite quadrofoniche e un impianto di luci, per un totale di nove tonnellate di attrezzature trasportate con tre camion.

Nonostante fosse il suo primo tour con un album intero, la band riuscì ad affinare e migliorare il nuovo materiale,[21][22] che già aveva il nome provvisorio di The Dark Side of the Moon (un'allusione più alla follia[23] che all'astronomia).[24] Dato però che il titolo era già stato usato da un'altra band, i Medicine Head, il nome fu temporaneamente cambiato in Eclipse. Il lavoro fu presentato al Dome di Brighton il 20 gennaio del 1972 con questo nome, ma visto lo scarsissimo successo dell'LP omonimo, tuttavia, i Pink Floyd poterono ritornare al titolo originario.[25][26]

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Il Rainbow Theatre di Londra ora è una chiesa.

Dark Side of the Moon: A Piece for Assorted Lunatics, come era conosciuto allora,[17] fu rappresentato in presenza di un gruppo di giornalisti (e altre persone intenzionate a registrarne un bootleg) il 17 febbraio 1972 (più di un anno prima del lancio ufficiale al teatro Rainbow), con critiche molto positive.[27] Michael Wale del The Times descrisse l'opera dicendo che «...fa venire le lacrime agli occhi. È così piena di comprensione e a volte di interrogativi musicali!»,[28] mentre Derek Jewell del The Sunday Times affermò che «L'ambizione dell'intenzione dell'arte dei [Pink] Floyd è enorme».[25]Melody Maker ne fu meno entusiasta: «Musicalmente ci sono grandi idee, ma gli effetti sonori spesso mi lasciavano pensare di essere in una gabbia di uccelli dello zoo di Londra».[29] Il tour a seguire ricevette una grande accoglienza da parte del pubblico. I nuovi pezzi furono riprodotti dal vivo, nello stesso ordine in cui sarebbero poi apparsi nell'album, anche se con chiare differenze come la mancanza di sintetizzatori in tracce come On the Run, e la lettura di versi della Bibbia al posto della voce di Clare Torry in The Great Gig in the Sky.[27]

Il Dark Side of the Moon Tour tra il 1972 e il 1973 in Europa e negli Stati Uniti offrì alla band l'opportunità di migliorare la qualità delle tematiche dell'album.[30] Il 20 gennaio, durante il tour, incominciarono anche le prove negli studi inglesi, anche se in febbraio il gruppo si recò in Francia per registrare la colonna sonora del film La Vallée, diretto da Barbet Schroeder,[31] con una parentesi in Giappone. A questo seguirono date negli Stati Uniti prima che la band tornasse a Londra per cominciare le registrazioni dell'album, dal 24 maggio al 25 giugno. Dopo un'ultima serie di concerti e la pubblicazione di Pink Floyd: Live at Pompeii, la band ritornò in studio il 9 gennaio 1973 per completare l'incisione del disco.[32][33][34]

Concept 

The Dark Side of the Moon nacque dopo numerose sperimentazioni musicali che i Pink Floyd studiarono durante i loro precedenti live o registrazioni, ma senza le lunghe parti strumentali che, secondo il critico David Fricke, erano diventate una caratteristica peculiare del gruppo dopo l'abbandono nel 1968 di Syd Barrett. Il chitarrista David Gilmour, che aveva sostituito Barrett, più tardi avrebbe definito queste strumentali «quella noiosa roba psichedelica».[2] Gilmour e Waters citano Meddle del 1971 come un punto di svolta verso quello che sarebbe poi stato il disco seguente.[2]

I temi dei testi delle canzoni includono l'avarizia, l'invecchiamento, la morte e l'infermità mentale. Quest'ultimo tema prese come ispirazione il deterioramento mentale di Barrett, che era stato il principale compositore e paroliere del gruppo nei suoi primi anni.[2] L'album è conosciuto per l'uso di musica concreta e concettuale e di testi filosofici,[17] come in molti altri lavori della band.

Ogni lato del disco costituisce un'opera musicale continua. Le cinque tracce di ognuno dei due lati rappresentano vari stadi della vita umana. L'album comincia e termina con un suono di battiti cardiaci, esplorando la natura dell'esperienza dell'essere umano e, secondo Waters, «l'empatia».[2]Speak to Me e Breathe insieme pongono un accento sugli elementi mondani e futili della vita, che accompagnano la sempre presente minaccia della pazzia, e l'importanza per ognuno di vivere la propria esistenza - «Non temere di preoccuparti».[35] Spostando la scena in un aeroporto, la strumentale On the Run (in cui è protagonista il sintetizzatore) evoca lo stress e l'ansia provocati dal settore moderno dei trasporti , con particolare riferimento alla paura di volare di Wright.[36]Time tratta del modo in cui il passaggio del tempo può controllare la vita di un individuo e ammonisce con veemenza coloro che sprecano tempo prezioso focalizzandosi sugli aspetti più mondani della vita. A questa traccia segue il tema del ritiro in solitudine e il rifugio nella canzone Breathe (Reprise). La prima parte termina con The Great Gig in the Sky, profonda metafora della morte.[17] La prima traccia del lato B, Money, si prende gioco dell'avarizia e del consumismo, con un testo ironico ed effetti sonori relazionati alla ricchezza, aprendosi con il suono di un registratore di cassa e il rumore di monete sonanti. Money è stata la canzone di maggior successo commerciale dell'album e da allora è stata riproposta da molti gruppi musicali.[37]Us and Them parla dell'etnocentrismo, del confronto e dell'uso di semplici dicotomie per descrivere le relazioni personali. Brain Damage tratta della malattia mentale come risultato del porre la fama e il successo in cima alla lista delle necessità di un individuo. In particolare il verso «And if the band you're in starts playing different tunes» («e se la band in cui sei comincia a suonare diverse melodie») si riferisce allo stato mentale dell'ex-membro Syd Barrett. The Dark Side of the Moon termina con Eclipse, che espone i concetti di alterità e unità, mentre forza l'ascoltatore a riconoscere le caratteristiche comuni a tutti gli esseri umani.[38][39]

Registrazione 

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Entrata principale degli Abbey Road Studios.

The Dark Side of the Moon fu inciso negli Abbey Road Studios in due sessioni tra maggio 1972 e gennaio 1973. Come capo tecnico audio fu assunto Alan Parsons, che aveva già lavorato come assistente in Atom Heart Mother e come ingegnere del suono negli album dei Beatles Abbey Road e Let It Be.[6][40] Durante le sessioni di registrazione si utilizzarono le tecniche più sofisticate dell'epoca: lo studio era in grado di missare fino a sedici tracce, caratteristica che offriva un alto livello di flessibilità, anche se la band arrivò a usare molte più tracce, al punto che dovettero copiare i nastri.[7]

La prima traccia registrata fu Us and Them il 1º giugno, seguita sei giorni dopo da Money, per la quale Waters aveva creato vari effetti sonori sotto forma di loop di oggetti relazionati al denaro, incluse monete lasciate cadere in una scodella di ceramica. Questi effetti vennero recuperati quando il gruppo decise di creare un mix quadrifonico dell'album (Parsons in seguito si rivelò insoddisfatto del risultato a causa della mancanza di tempo e di registratori multitraccia);[40] l'incisione di Time e The Great Gig in the Sky precedette una pausa di due mesi durante la quale i Pink Floyd prepararono un nuovo tour negli Stati Uniti.[41] Questo non fu l'unico periodo di interruzione: Roger Waters, tifoso dell'Arsenal F.C., abbandonava spesso lo studio per andare a vedere giocare la sua squadra del cuore, e tutto il gruppo era solito riposare guardando Monty Python's Flying Circus alla televisione, lasciando Parsons a lavorare col materiale disponibile.[7] Gilmour smentì in un'intervista del 2003 dicendo: «A volte lo guardavamo, ma se eravamo molto occupati continuavamo a lavorare».[42]

Al rientro dagli Stati Uniti nel gennaio 1973, si registrarono Brain Damage, Eclipse, Any Colour You Like e On the Run, mentre venivano messe a punto le parti già pronte. Clare Torry, Lesley Duncan, Liza Strike e Doris Troy furono scelte come voci femminili in Brain Damage, Eclipse e Time, Dick Parry come sassofonista per Us and Them e Money. La band registrò anche materiale visivo con il regista Adrian Maben per Pink Floyd: Live at Pompeii,[43] e una volta terminato il lavoro in studio iniziò una tournée in Europa.[44]

Strumentazione
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Un sintetizzatoreEMS VCS3.

A livello strumentale, The Dark Side of the Moon è conosciuto per gli effetti sonori metronomici in Speak to Me e i loop in apertura di Money. Nick Mason, responsabile della maggior parte degli effetti usati in tutta la discografia dei Pink Floyd, fu accreditato come unico compositore di Speak to Me,[8] brano di introduzione composto con un effetto cross-fade (usato per sovrapporre più parti, abbassando il volume di una mentre sale quello di un'altra) realizzato con frammenti di altre canzoni dell'album. Mason ne creò una prima versione in casa propria prima di realizzare quella definitiva in studio. Per l'inizio di Breathe si servirono di un accordo di pianoforte registrato al contrario;[45] gli effetti sonori di Money vennero alla luce unendo le registrazioni casalinghe di monete tintinnanti di Waters, il rumore di fogli strappati e quelli di un registratore di cassa e di una macchina calcolatrice, per creare un loop di 7 beat.[46] In alcuni casi tutti i tecnici e membri del gruppo dovettero lavorare a tutti i fader contemporaneamente per missare le complicate registrazioni multitraccia di molte delle canzoni, in particolare On the Run.[2]

Insieme alla tradizionale strumentazione rock, i Pink Floyd ricorsero anche all'uso di sintetizzatori (ad esempio un EMS VCS3 in Brain Damage e Any Colour You Like e un EMS Synthi A in Time e On the Run), oltre a suoni originali e inconsueti, come un assistente tecnico che corre nella camera di riverberazione dello studio (On the Run),[47] o una grancassa modificata in modo tale da simulare la frequenza cardiaca di un essere umano. Quest'ultimo è ben distinguibile all'inizio e alla fine del disco, ma si può sentire più sporadicamente anche in Time e On the Run;[2] la traccia audio del ticchettio e lo scoccare simultaneo degli orologi (accompagnati da una serie di rototom) all'inizio di Time fu registrata da Parsons in un negozio di antiquariato. Il risultato fu in parte inserito nell'album, sebbene l'intenzione del tecnico fosse quella di sperimentare il sistema quadrifonico.[8][48]

Voci 

Varie tracce, tra cui Us and Them e Time, sono notevoli per l'abilità che mostrano Richard Wright e David Gilmour nella coordinazione delle loro voci, molto simili secondo Roger Waters.[2] Per trarre vantaggio da ciò, Parsons perfezionò l'uso di tecniche multitraccia sulle voci e le chitarre, in modo che Gilmour potesse praticamente lavorare con se stesso. Inoltre usò effetti flanger e phaser in parti vocali e strumentali, particolari stratagemmi con il riverbero,[2] e lo spostamento dei suoni tra canali (percepibile soprattutto nella versione quadrifonica di On the Run, quando il suono di un organo Hammond B3 riprodotto da un altoparlante Leslie gira velocemente intorno all'ascoltatore).[49]

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Clare Torrynel 2003.

Nei crediti compare Clare Torry, una turnista e compositrice che frequentava spesso gli studi di Abbey Road. Parsons la invitò alle registrazioni dopo aver sentito del materiale pop a cui la ragazza aveva lavorato in precedenza, con l'intenzione di farla cantare in The Great Gig in the Sky; la Torry subito rifiutò l'offerta perché voleva andare a vedere Chuck Berry suonare all'Hammersmith Odeon, ma con il gruppo stabilì che sarebbe passata in studio la domenica seguente. I Pink Floyd le spiegarono il concetto che caratterizzava l'album, ma non seppero dirle quello che avrebbe dovuto fare esattamente. Con Gilmour responsabile di quella sessione Clare Torry improvvisò, in una sola notte, una melodia vocale senza testo che avrebbe accompagnato l'assolo di pianoforte di Richard Wright. All'inizio si sentì imbarazzata per la sua esuberanza in cabina di registrazione e volle scusarsi con la band, ma non si era ancora resa conto che tutti erano rimasti estasiati dalla sua prestazione.[50][51] In seguito si modificò il nuovo materiale per realizzare la versione usata poi nell'album.[18] Clare Torry ricevette un compenso di appena 30 sterline per la sua collaborazione,[50] ma nel 2004 citò in giudizio sia i Floyd che la EMI per le mancate royalty dovutele per il contributo, affermando di essere co-autrice di The Great Gig in the Sky insieme a Richard Wright.

I tribunali di giustizia britannici diedero ragione alla cantante, anche se l'accordo economico al quale giunsero le due parti non fu mai rivelato al pubblico.[52][53] Tutte le edizioni dal 2005 in avanti accreditano The Great Gig in the Sky sia al tastierista dei Floyd che a Clare Torry.[54]

Altra particolare caratteristica di The Dark Side of the Moon sono le voci che si possono sentire lungo tutta l'esecuzione. Durante le registrazioni, Waters reclutò il personale e gli altri presenti nello studio per rispondere ad alcune domande stampate su dei cartelloni: gli intervistati rispondevano davanti a un microfono in una stanza con poca luce,[55] dove gli venivano mostrate una serie di domande prima molto semplici (riguardanti, ad esempio, il colore o il piatto preferito), per poi passare ad altre più complesse attinenti al tema centrale dell'album.

La domanda «quando è stata l'ultima volta in cui sei stato violento?» era seguita immediatamente da «avevi ragione?».[2] Roger "The Hat" Manifold, manager per le tournée dei Pink Floyd, fu l'unico a essere intervistato in modo convenzionale, poiché in quel momento non si trovavano i cartelloni. Quando gli fu chiesto del momento in cui era stato violento con un altro conducente, Manifold rispose «...gli diedi una scossa breve, rapida e potente...» («... give 'em a quick, short, sharp shock ...»), e sul tema della morte affermò: «Vivi oggi, perché domani potresti non esserci più. Questo sono io» («Live for today, gone tomorrow. That's me»).[56]

Un altro tecnico, Chris Adamson, che era in tour con il gruppo, registrò l'accesa discussione che apre l'album con la frase: «Sono stato pazzo per anni, troppi anni» («I've been mad for fucking years, absolutely years»);[57] il road manager della band, Peter Watts (padre dell'attrice Naomi Watts[58]), contribuì con le risate che si sentono in Brain Damage e Speak to Me; il monologo sui «tipi che vagavano in cerca di botte» («geezers who were cruisin' for a bruisin'») fu opera della seconda moglie di Peter, Patricia "Puddie" Watts;[59] le frasi «Io non ho paura di morire, ogni momento è buono, non m'importa. Perché dovrei aver paura di morire? Non ce n'è motivo, prima o poi bisogna andarsene» («I am not frightened of dying, any time will do, I don't mind. Why should I be frightened of dying? There's no reason for it, you've got to go sometime», in The Great Gig in the Sky) e «non c'è nessun lato oscuro della luna, davvero. In realtà è tutta scura» («There is no dark side in the moon, really. As a matter of fact it's all dark», in chiusura del disco) sono del portiere irlandese degli studi di Abbey Road, Gerry O'Driscoll. Furono intervistati anche Paul McCartney e la moglie Linda, ma le loro risposte alla fine non vennero inserite nell'album perché, a detta di Waters, si erano «troppo sforzati di essere divertenti» («trying too hard to be funny»).[60] Henry McCullough, allora con McCartney negli Wings, pronunciò la famosa frase «non lo so, ero veramente sbronzo in quel momento» («I don't know, I was really drunk at the time»), che compare tra Money e Us and Them.[61]

Rifinitura 

Dopo aver terminato le interviste, la band assunse il produttore Chris Thomas per procurarsi «un paio di orecchie fresche». Il suo passato riguardava più il campo musicale che quello dell'ingegneria. Aveva lavorato con il produttore dei Beatles, George Martin, ed era conosciuto dal manager dei Pink Floyd, Steve O'Rourke.[62] I quattro membri del gruppo avevano opinioni discordanti riguardo al missaggio finale, con Waters e Mason che preferivano un mix "secco" e "pulito" dando maggiore spazio agli elementi non musicali, al contrario di Gilmour e Wright che volevano optare per uno più delicato e con più riverbero.[63] Più tardi Thomas smentì tali disaccordi, dicendo «non c'erano differenze di opinione tra di loro, non ricordo Roger dire una sola volta di volere meno eco. Infatti, non c'era nessun indizio che dicesse che avrebbero litigato. C'era un'atmosfera molto creativa, ci si divertiva molto.»[64] Sebbene non si conosca la verità, ciò che venne alla luce grazie al suo intervento lasciò soddisfatti sia Waters che Gilmour. Thomas fu responsabile di vari cambiamenti significativi nell'album, come l'eco usato in Us and Them. Fu anche presente alla registrazione di The Great Gig in the Sky, anche se fu Parsons ad assumere Clare Torry.[65] In un'intervista del 2006, quando gli fu chiesto se avesse perseguito i suoi obiettivi, Roger Waters rispose:[66]

Pubblicazione 

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Un'esibizione dal vivo di The Dark Side of the Moona Earls Court, poco tempo dopo la pubblicazione nel 1973.
(da sinistra) David Gilmour, Nick Mason, Dick Parry, Roger Waters

Dato che la versione quadrifonica dell'album non era ancora completa, la band (a parte Wright) non presenziò alla conferenza stampa tenutasi al London Planetarium il 27 febbraio.[67] I giornalisti trovarono al posto dei musicisti quattro loro sagome in cartone a grandezza naturale, e assistettero alla presentazione della versione stereo con un sistema audio di bassa qualità.[68][69] In generale, comunque, la stampa ebbe reazioni molto positive; Roy Hollingworth di Melody Maker definì il lato A «...così confuso che era difficile da seguire», ma elogiò la seconda parte.[70] Steve Peacock, di Sounds, scrisse: «Non mi interessa se nella vostra vita non avete mai sentito una nota dei Pink Floyd. Consiglio The Dark Side of the Moon a tutti senza riserve».[68] Nella sua recensione del 1973 per Rolling Stone, Lloyd Grossman descrisse Dark Side come «un bell'album con ricchezza concettuale e strutturale, che non solo attira, ma pretende partecipazione e coinvolgimento».[71]

The Dark Side of the Moon uscì prima negli Stati Uniti, il 10 marzo 1973, poi nel Regno Unito due settimane dopo. In Inghilterra e in Europa occidentale ottenne un successo immediato;[68]

up> dopo un mese aveva vinto il disco d'oro negli Stati Uniti e nel Regno Unito.[72] Durante il mese di marzo del 1973 il gruppo lo inserì nella scaletta del suo tour statunitense, inclusa un'esibizione a Radio City Music Hall di New York il 17, alla quale assistettero 6.000 persone. Tra gli effetti speciali era incluso un aereo lanciato dal fondo della sala alla fine di On the Run che si "schiantava" sul palcoscenico in una nuvola di fumo arancione. Il disco raggiunse il primo posto della classifica degli album più venduti di Billboard il 28 aprile 1973,[73] e ottenne un successo tale che la band dovette tornare in tour due mesi dopo.[74]

Etichetta 

Gran parte del successo ottenuto immediatamente negli Stati Uniti è dovuto all'impegno della casa discografica statunitense dei Pink Floyd, la Capitol Records. Bhaskar Menon, nominato presidente poco tempo prima, cominciò cercando di compensare le vendite relativamente scarse di Meddle del 1971, mentre la band e il manager O'Rourke stavano trattando con discrezione col presidente della CBS e della Columbia Records Clive Davis, poiché The Dark Side of the Moon era l'ultimo lavoro che i Pink Floyd avrebbero dovuto pubblicare per obbligo di contratto. L'entusiasmo di Menon per Dark Side era tale che imbastì una colossale campagna pubblicitaria, che includeva anteprime radiofoniche di Us and Them e Time.[75] In alcuni Paesi (specialmente nel Regno Unito) i Pink Floyd non pubblicavano un singolo dal 1968, anno di Point Me at the Sky; dopo cinque anni di "silenzio", il 7 maggio 1973 uscì il singolo di Money[67] (con Any Colour You Like sul lato B), che nel luglio dello stesso anno raggiunse il tredicesimo posto della Billboard Hot 100.[76]

Alle radio fu recapitata una versione promozionale (mono e stereo) del singolo: mentre la versione mono aveva la parola bullshit ("stronzata") solo in parte (bull), quella stereo conteneva la canzone incensurata, ma ai disc jockey era stato chiesto di disfarsene.[77] Il 4 febbraio 1974 usci un doppio lato A con Time e Us and Them.[78]

Gli sforzi di Menon per assicurarsi un rinnovo contrattuale col gruppo furono vani; all'inizio del 1974, i Pink Floyd stipularono con la Columbia un accordo da un milione di dollari, mentre in Inghilterra e nel resto d'Europa continuarono a essere rappresentati dalla Harvest Records.[79]

Riedizioni e rimasterizzazioni 

Nel giugno 1979 la Mobile Fidelity Sound Lab pubblicò una riedizione di The Dark Side of the Moon in LP,[80] e nell'aprile 1988 nel loro formato Ultradisc dorato.[81] La EMI pubblicò il formato CD (all'epoca una novità) nel 1984 e nel 1992 nel cofanetto Shine On.[82] Questa versione tornò rinnovata nei negozi l'anno dopo in occasione del ventesimo anniversario, con la copertina disegnata da Storm Thorgerson.[83]

Pare che sulle copie in CD più recenti sia udibile una versione orchestrale di Ticket to Ride dei Beatles, durante le battute finali dell'album. Ciò può essere il risultato di un errore di rimasterizzazione,[54] poiché non si sente nelle prime versioni in vinile.

Sebbene fosse commissionata dalla EMI, la band non appoggiò mai l'edizione quadrifonica del 1973; tuttavia ne uscì un'altra rinnovata, in occasione del trentesimo anniversario del disco nel 2003. Con un po' di sorpresa, il gruppo scelse di non usare il mix quadrifonico di Alan Parsons del 1973, ma si affidò a James Guthrie per crearne uno nuovo per il formato SACD.[40][84] Guthrie collaborava con la band dai tempi di The Wall e aveva già lavorato alle versioni quadrifoniche di quest'ultimo e di In the Flesh di Roger Waters. Nel 2003 Alan Parsons espresse un giudizio generalmente positivo sul lavoro di Guthrie, nonostante qualche critica (in particolare a On the Run).[40] Il mix di The Great Gig in the Sky fu tra quelli più apprezzati da Parsons:[85]

La nuova versione del trentesimo anniversario vinse quattro Surround Music Awards nel 2003.[78] Nel 2003 ci fu anche una ristampa di The Dark Side of the Moon in vinile (a cura di Kevin Gray della AcousTech Mastering) che includeva gadgets leggermente diversi da quelli contenuti nella prima edizione, oltre a un poster del trentennale del disco.[86] Nel 2007, per celebrare i quarant'anni dalla fondazione dei Pink Floyd, l'album venne incluso nella raccolta Oh, By the Way,[87] e su iTunes ne uscì una versione DRM gratuita.[88]

Confezioni 
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Schema di un prisma triangolare con la dispersione della luce, molto simile a quello della copertina di The Dark Side of the Moon.
Long playing 

The Dark Side of the Moon fu pubblicato inizialmente in formato vinile con una copertina pieghevole, disegnata dalla Hipgnosis e George Hardie, che mostrava un prisma triangolare rifrangente un raggio di luce sul fronte. La Hipgnosis aveva già disegnato varie copertine per la band con risultati controversi; la EMI non aveva gradito le immagini di Atom Heart Mother e Obscured by Clouds, poiché si aspettavano disegni più tradizionali con lettere e caratteri, ma i disegnatori poterono ignorare le critiche perché sotto contratto con il gruppo. Per The Dark Side of the Moon Richard Wright gli chiese qualcosa di più elegante, pulito e di classe.[89] La compagnia artistica presentò sette disegni, ma i quattro membri del gruppo scelsero senza discussioni quello del prisma, opera di Hardie e ideato da Thorgerson durante una sessione di brainstorming con Powell. Esso rappresenta tre elementi: l'illuminazione dei concerti della band, i testi delle canzoni e la volontà di Wright di un progetto "semplice e audace".[2] Il fascio di luce nell'immagine ha sei colori, escludendo l'indaco dalla tradizionale divisione della sequenza in rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e viola, e prosegue lungo tutto l'interno della confezione dividendola orizzontalmente in due parti: in quella inferiore compaiono i testi delle canzoni mentre in quella superiore vi è l'elenco delle tracce e i crediti; la linea verde si muove come un elettrocardiogramma (soluzione grafica suggerita da Roger Waters).[90][91] Le linee di colore proseguono anche sul retro della copertina dove entrano in un altro prisma rovesciato,[91] voluto da Thorgerson per facilitare la disposizione del disco nei negozi,[92] dal quale usciranno come un raggio di luce bianca, che prosegue poi fino a ricongiungersi con quello sul fronte.[91]

Il titolo non compare mai sulla copertina ma soltanto sul disco, all'interno di un prisma trasparente.

All'interno della confezione pieghevole si trovavano degli adesivi e due poster,[91] uno con immagini della band in concerto con lettere sparse a formare la scritta "PINK FLOYD", l'altro con una fotografia agli infrarossi delle Piramidi di Giza (che erano anche il soggetto degli adesivi) creata da Powell e Thorgerson.[92] Nel 2003 VH1 posizionò la copertina al quarto posto della sua classifica delle migliori copertine di tutti i tempi.[93]

Compact disc 

La copertina della prima edizione su CD, pubblicata nel 1984 su etichetta EMI-Harvest,[94] rispecchia in scala quella originariamente prevista per il disco 33 giri, con l'aggiunta in alto a destra di un cerchio bianco contenente nome del gruppo e titolo, che compaiono anche in costa. Sul retro è presente la stessa immagine che compare sulla copertina del vinile, anche se in scala leggermente diversa e più grande rispetto a quella anteriore. Il libretto contiene i testi delle canzoni.

La seconda edizione su CD (quella attualmente in vendita) è stata presentata nel 1994.[94] In questa versione sia il nome della band sia il titolo (senza l'articolo iniziale, come nella prima edizione su stesso formato) compaiono solamente in costa. Il fronte presenta un prisma non più trasparente ma opaco, nel quale entra un raggio di luce bianca che viene in parte riflesso dalla superficie. Il fascio di colori dell'arcobaleno (ora tutti e sette) in uscita non costituisce più una linea guida lungo le 22 pagine del booklet anche se compare in basso a pagina 19 e 20, dove c'è una foto di gruppo dei Pink Floyd e, come nel vinile, la linea verde simula un elettrocardiogramma.

Le prime quattro e le ultime due pagine del booklet riportano foto della band e delle Piramidi egiziane. Le restanti 14 sono dedicate a due a due alle canzoni dell'album e riportano il testo e un'immagine di sfondo il cui colore è diverso per ogni canzone, sempre secondo l'ordine dei sette colori dell'arcobaleno. Sul retro del libretto e della confezione e sul CD sono riprodotti diversi piccoli prismi attraverso i quali passano raggi di diversi colori.

Super Audio CD

L'immagine di copertina del Super Audio CD, uscito trent'anni dopo la prima edizione in vinile,[94] fu opera di vari disegnatori, incluso il fedelissimo Storm Thorgerson. Essa è composta da una fotografia di una vetrata costruita per riprodurre la figura del progetto originale.[91] Al posto dei colori opachi vennero usati vetri trasparenti, tenuti insieme da strisce di piombo. L'idea fu ispirata dal «senso di purezza nella qualità sonora» della versione surround, e l'immagine creata con l'intento di essere «la stessa ma diversa, tale che lo stile fosse chiaramente quello di Dark Side, ancora il caratteristico prisma, ma che fosse diverso e quindi nuovo».[83] Sulla costa della confezione compaiono ancora il nome della band ed il titolo preceduto dall'articolo The.

L'interno del booklet riporta immagini riferite alle precedenti edizioni del disco o alla band. Il retro riporta il dettaglio dell'angolo a destra del prisma con i colori in uscita,[91] ulteriormente ingrandito sul CD, dove è in risalto il punto di contatto del prisma con i colori. L'interno della confezione, al di sotto del disco, mostra una nuova vetrata contenente il prisma: lo sfondo è grigio tranne all'interno del poliedro, dove è nero. Anche il retro della confezione, oltre ai titoli delle canzoni, riporta alcuni dettagli del fronte.

Vendite 

The Dark Side of the Moon divenne uno degli album più venduti di tutti i tempi,[95] (senza contare raccolte e colonne sonore), ed è tra le prime 25 posizioni degli album più venduti negli Stati Uniti d'America.[54][96] Anche se la permanenza al primo posto durò solo sette giorni, è tuttora presente nella Billboard 200 con più di 780 settimane di permanenza[97] (di cui 741 consecutive[10]), alle quali si sommano le oltre 1000 settimane nella Top Pop Catalog Albums, anch'essa a cura di Billboard, introdotta nel marzo 1991.[98][99] Nel Regno Unito è il sesto album più venduto di tutti i tempi.[100]

Negli Stati Uniti il vinile uscì prima dell'istituzione del disco di platino del 1º gennaio 1976. Fu premiato quindi con un solo disco d'oro fino al 16 febbraio 1990, quando gliene furono certificati altri 11 in platino. Il 4 giugno 1998 la Recording Industry Association of America (RIAA) ne assegnò altri 4, facendogli raggiungere quota 15.[54]

I singoli Money e Time, in un arco di 12 mesi conclusosi il 20 aprile 2005, sono stati riprodotti nelle radio statunitensi rispettivamente 13.731 e 13.723 volte.[95] Secondo fonti provenienti dall'industria discografica le vendite totali in tutto il mondo ammontano a 45 milioni di copie.[101] Anche nelle settimane più "piatte" vengono vendute in media tra le 8.000 e le 9.000 copie,[95] con un totale di 400.000 nel 2002, risultando così il 200º album più venduto di quell'anno, quasi trent'anni dopo la sua pubblicazione. Secondo un articolo del Wall Street Journal del 2 agosto 2006, nel 1991 furono venduti 7,7 milioni di dischi nei soli Stati Uniti.[102]

Nel 2003, anno di pubblicazione dell'edizione ibrida in CD e SACD, raggiunse nuovamente il primo posto delle classifiche Billboard con 800.000 copie vendute negli Stati Uniti.[54] Nella settimana del 5 maggio 2006 The Dark Side of the Moon raggiunse un totale di 1.500 settimane in classifica, tenendo conto delle liste Billboard 200 e della Pop Catalogue Charts.[66] Si stima che uno statunitense su quattordici sotto i 50 anni possegga, o abbia posseduto, una copia dell'album.[54]

 

Eredità 

Il successo di The Dark Side of the Moon portò improvvisa ricchezza a tutti i membri del gruppo; Rick Wright e Roger Waters si comprarono grandi case di campagna e Nick Mason divenne un collezionista di auto di lusso.[115] Parte del ricavato fu investito nella produzione del film Monty Python e il Sacro Graal.[116]

Alan Parsons ottenne nel 1973 una nomination al Grammy Award per il Grammy Award for Best Engineered Album, Non-Classical[117] e iniziò una carriera da musicista di successo. Al contrario di Waters e Gilmour, per Mason il suo contributo nell'album fu molto importante.[118] Nel 2003 Parsons commentò: «Credo che tutti pensassero che il resto della mia carriera dipendesse da Dark Side of the Moon, il che è in parte vero. Ogni tanto, tuttavia, mi rendo conto con frustrazione che loro fecero non so quanti milioni, al contrario di tante altre persone coinvolte nel disco.» (Lo stipendio di Parsons durante le registrazioni ammontava a 35 sterline a settimana).[119]

The Dark Side of the Moon appare frequentemente nelle classifiche dei migliori album di sempre. Nel 1987 Rolling Stone lo collocò al 37º posto della sua Top 100 Albums of the last 20 years,[121] e sedici anni dopo al 43º nella sua lista dei 500 migliori album di tutti i tempi.[122] Nel 1997 The Guardian, con la collaborazione di vari artisti e critici musicali, pubblicò un elenco dei 100 migliori album di sempre, inserendo quello dei Pink Floyd al 37º posto.[123] Nel 2006 risultò il preferito dagli ascoltatori di Australian Broadcasting Corporation.[124] Nello stesso anno, The Observer lo definì come 29º album più influente della storia della musica[125] e i lettori di New Musical Express, con un sondaggio online, lo elessero ottavo migliore di tutti i tempi.[126] È stato inserito anche al secondo posto della lista Definitive 200 Albums of All Time, stilata dalla National Association of Recording Merchandisers «in onore della forma d'arte del disco».[127]

Parte dell'eredità di The Dark Side of the Moon è composta dall'influenza sulla musica moderna, i musicisti che hanno eseguito cover delle sue canzoni, e anche da leggende metropolitane moderne. La sua pubblicazione è spesso considerata un punto di svolta nella storia della musica rock, e spesso i Pink Floyd vengono accostati ai Radiohead, in particolare il loro album OK Computer del 1997, che è stato definito il Dark Side of the Moon degli anni novanta per il loro tema comune: la perdita della capacità creativa dell'individuo per avere uno scopo nel mondo moderno.

Tributi 
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Locandina de Il mago di Ozdel 1939.

Una delle reinterpretazioni più famose di The Dark Side of the Moon è Return to the Dark Side of the Moon: A Tribute to Pink Floyd, pubblicato nel 2006, che vede coinvolti artisti come Adrian Belew, Tommy Shaw, Dweezil Zappa e Rick Wakeman.[131] Nel 2000 la band The Squirrels pubblicò The Not So Bright Side of the Moon, anch'esso un tributo all'album;[132][133] nel 2003, il collettivo reggae newyorkese Easy Star All-Stars pubblicò Dub Side of the Moon;[134] il gruppo Voices on The Dark Side ne ha realizzato una versione a cappella,[135] mentre la band Poor Man's Whiskey lo esegue spesso in stile bluegrass, chiamando lo spettacolo Dark Side of the Moonshine.[136][137] Nel 2004 fu realizzata una particolare reinterpretazione con un quartetto d'archi.[138]

Nel 2009 anche i Flaming Lips, in collaborazione con Stardeath and White Dwarfs e con Henry Rollins e Peaches, pubblicarono il loro rifacimento, intitolato The Flaming Lips and Stardeath and White Dwarfs with Henry Rollins and Peaches Doing The Dark Side of the Moon.[139]

Diversi artisti celebri hanno eseguito l'album dal vivo nella sua interezza: la rock-band Phish semi-improvvisò una rappresentazione per intero durante il loro spettacolo del 2 novembre 1998 a West Valley City,[140] mentre il gruppo progressive metal dei Dream Theater lo ha eseguito due volte durante i loro concerti.[141]

Dark Side of the Rainbow

Dark Side of the Rainbow, o The Dark Side of Oz, sono due termini comunemente usati per riferirsi a voci che circolano su Internet da almeno quindici anni, secondo le quali The Dark Side of the Moon fu composto come colonna sonora del film Il mago di Oz del 1939. Gli osservatori che hanno riprodotto il film e il disco contemporaneamente hanno notato apparenti sincronie, come nel caso in cui Dorothy inizia a correre non appena la band canta no one told you when to run ("nessuno ti ha detto di correre").[142] Sia David Gilmour che Nick Mason hanno negato una connessione tra le due opere, e Roger Waters ha definito "divertenti" le voci al riguardo.[143] Alan Parsons ha dichiarato che il film non è stato neanche menzionato durante la produzione dell'album.[144]

« Mi ha cambiato sotto molti aspetti, perché portò un sacco di soldi, e uno si sente molto sicuro quando può vendere un album per due anni. Ma non ha cambiato il mio atteggiamento verso la musica. Anche se ottenne così tanto successo, era stato composto nello stesso modo in cui avevamo fatto tutti gli altri, e l'unico criterio che abbiamo riguardo alla pubblicazione della musica è se ci piace o meno. Non è stato un deliberato tentativo di produrre un album commerciale. È successo e basta. Sapevamo che conteneva molta più melodia dei precedenti, e un concetto che lo percorreva dall'inizio alla fine. La musica era più facile da assorbire e il supporto di voci femminile aggiunse quel tocco commerciale che nessuno dei nostri dischi aveva mai avuto. »
(Richard Wright[120])
« ... Penso che quando fu terminato, tutti pensavamo che fosse la cosa migliore che avessimo mai fatto fino ad allora, e tutti erano molto soddisfatti, ma non è che qualcuno lo considerasse cinque volte migliore di Meddle, o otto volte migliore di Atom Heart Mother, oppure lo valutasse per il numero di copie che esso ha di fatto venduto. È stato... non solo un buon album, ma anche nel posto giusto al momento giusto. »
(Nick Mason[69])
« La gente che non viene mai intervistata è quella che dice le cose più interessanti. »
(David Gilmour[2])
(EN)
« When the record was finished I took a reel-to-reel copy home with me and I remember playing it for my wife then, and I remember her bursting into tears when it was finished. And I thought, "This has obviously struck a chord somewhere", and I was kinda pleased by that. You know when you've done something, certainly if you create a piece of music, you then hear it with fresh ears when you play it for somebody else. And at that point I thought to myself, "Wow, this is a pretty complete piece of work", and I had every confidence that people would respond to it. »
(IT)
« Quando la registrazione fu terminata portai una copia a casa e la feci ascoltare a mia moglie. Ricordo che si mise a piangere. A quel punto pensai «questo ha sicuramente toccato una corda da qualche parte», ed ero contento di questo. Sai, quando hai fatto qualcosa, di sicuro se hai creato un'opera musicale, quando poi la fai ascoltare a qualcun altro la senti con un orecchio diverso. E fu in quel momento in cui mi dissi «wow, questo è un lavoro abbastanza completo», e avevo molta fiducia del fatto che la gente avrebbe risposto. »
(EN)
« I tip my hat to James for sorting out the correct bits of Clare's vocals. And he has improved on the stereo mix, which is a bit wishy-washy. The stereo is heavy on the Hammond organ, and Clare's a little too far down. In my quad mix, the Hammond is barely there, which shows you I really wasn't being faithful to the stereo mix. The quad sounds pretty good, but James still has the edge. His mix is definitely cleaner, and he's brought Clare out a bit more. »
(IT)
« Mi tolgo il cappello per James e la sua abilità nell'aver sistemato correttamente i pezzi della voce di Clare. E ha perfezionato la versione stereo, che è un po' spenta. Lo stereo è pesante sull'organo Hammond e Clare è un po' troppo lontana. Ma nella mia versione quad l'Hammond si sente appena, e ciò dimostra quanto non fossi fedele alla versione stereo. Il mio lavoro suona ancora abbastanza bene, ma quello di James è in vantaggio. Il suo mix è decisamente più pulito, e ha fatto risaltare un po' di più la voce di Clare. »

(EN)
« I think we all thought – and Roger definitely thought – that a lot of the lyrics that we had been using were a little too indirect. There was definitely a feeling that the words were going to be very clear and specific. »
(IT)
« Credo che tutti pensassimo – e Roger sicuramente lo pensava – che molti dei testi che stavamo usando fossero un po' troppo indiretti. C'era decisamente la sensazione che le parole stessero per diventare più chiare e specifiche. »
(EN)
« It seemed to me really important. I have no idea why I did to have voices on this thing. »
(IT)
« Mi sembrava importantissimo. Non ricordo più perché volessi delle voci qui. »
(Roger Waters[2])
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1 novembre 2011 2 01 /11 /novembre /2011 21:12

Perché cambiare le corde e con che frequenza cambiarle

Dopo un uso prolungato le corde perdono alcune caratteristiche: il suono è meno brillante, tengono peggio l'accordatura, in alcuni casi si arriva ad avere rumori metallici.

La durata di questo declino varia dal modo di suonare del musicista, dalle ore dedicate dallo studio, dalla qualità delle corde, condizioni ambientali e pulizia delle corde.

La frequenza con cui cambiare le corde della propria chitarra dipende appunto da questi fattori: quanto spesso si suona, quanto sudano le nostre dita (il che alla lunga le corrode) e perfino dalle condizioni climatiche.

Ci sono chitarristi che le cambiano molto di frequente, altri meno. Quel che è certo, è che quando la corda inizia a "friggere", sarà da cambiare (ma attenzione: ci possono essere anche altri fattori che portano a questo suono sgradevole, come ad esempio un'action troppo bassa o le sellette mal regolate).

Per action, s'intende la distanza che c'è tra le corde e il manico stesso, come si vede figura Guitare action
Si fa presente che con un'action più bassa sarà un pochino più facile suonare, anche se, di contro il suo svantaggio è che le corde possono friggere perché tenderanno a sfregare sui tasti. Un'action molto bassa riduce peraltro il volume della chitarra e ne peggiora la timbrica. Ad ogni modo, l'action, per quanto bassa, è sempre un pochino più alta al 12° tasto.

Per far durare maggiormente le nostre corde, è buona norma asciugarle dopo aver suonato, prima di riporre la chitarra e certamente è bene NON usare lo stesso panno per spolverare il corpo della chitarra onde evitare antipatici aloni. Buona norma è lavarsi sempre le mani prima di iniziare a suonare la chitarra.

Una corda alla volta o tutte insieme?

Tra i chitarristi corrono due filosofie per quanto riguarda la ri-cordatura: alcuni sostengono essere dannoso per il manico privarlo di tutte le corde (stress meccanico); altri, facendosi scudo del "per tutti gli interventi di liuteria si tolgono le corde, perché fare un'eccezione?", preferiscono la soluzione più radicale.

Nota:

Se in occasione della ri-cordature doveste decidere di pulire il manico e manutenzione di vario tipo, togliere tutte le corde contemporaneamente facilita molto il compito. Tuttavia, mentre sostituendo una corda per volta bastano piccoli ritocchi, in questo caso siamo costretti a effettuare un set-up molto approfondito! Quindi, in ogni caso, consiglio ai meno esperti di sostituire una corda per volta.

Ri-cordatura

Strumenti necessari:

Strumenti opzionali:

 

Chitarra elettrica modello Tune'o'Matic
  • 1 - Stendere la chitarra su un piano stabile leggermente imbottito in modo da non rigare la vernice dello strumento: è sufficiente stendere un panno sotto il corpo della chitarra e inserire un cuscino sotto il manico, ma non all'altezza della paletta.

 

  • 2 - Allentare le corde (o la corda) fino al completo rilassamento.

A questo punto si possono tagliare le corde con le tronchesine in un qualsiasi punto della loro lunghezza e sfilarle da una parte e dall'altra (si consiglia di tagliare le corde per velocizzare il processo e non rischiare di farsi male con la corda avvolta attorno al piolo, tagliandola mentre la chitarra è ancora accordata: vi schizzeranno in faccia); oppure si possono svolgere completamente e poi sfilare dal ponte.

Attenzione! Le due parti meccaniche che compongono il ponte (tune'o'matic e stop-tail) non sono solidali con lo strumento ma semplicemente appoggiate: potrebbero inavvertitamente cadervi e quindi rovinarsi.

  • 3 - Infilare nel foro dello stop-tail la cima della corda e stenderla (per il momento senza creare pieghe) fino alla paletta. Si dovrebbe sentire la pallina della corda inserirsi bene nella sua sede.
Prima fase della ri-cordatura
  • 4 - Per sapere dove andremo a tagliare la parte eccedente della corda, prendere come riferimento il punto in corrispondenza del piolo successivo. Lasciare però il necessario per poter fare 2 o 3 giri attorno al piolo: se se ne lascia di più, questo causerà l'instabilità dell'accordatura, se se ne lascia meno di uno completo, la corda potrebbe scivolare via. Più o meno sarà la lunghezza di 2 tasti e mezzo che dovrà rimanere come lassità per poi permettere che la corda si avvolga con questi 2 o 3 giri attorno al piolo.
    Riferendosi all'esempio riportato in figura, per tagliare la sesta corda recidere in corrispondenza del piolo della quinta.
Seconda fase della ri-cordatura
  • 5 - Per facilitare l'operazione, consiglio di porre il foro del piolo verso l'esterno. Infilare l'estremità della corda in modo che sporga di 5-6 mm dal foro del piolo.
Terza fase della ri-cordatura
  • 6 - Cominciare ad avvolgere la corda, ruotando in senso anti-orario (grardando la paletta dall'esterno), come mostrato in figura. Affinché la corda non scivoli, avvolgere la corda come suggerito in figura. Per compiere questa operazione ci si può aiutare con l'avvolgi corde, oppure si può scegliere di farla semplicemente a mano.
Quarta fase della ri-cordatura
Pioli by punkettaro.jpeg

Una volta ultimato l'avvolgimento, eseguire la stessa operazione con le altre corde. Successivamente accordare ogni corda, attendere qualche minuto che il manico si stabilizzi e procedere con una seconda accordatura.

Fine della ri-cordatura
  • 7 - Fatto questo, procedere a stirare le corde. Le corde nuove ci mettono del tempo per trovare il loro assetto più performante quando messe in tensione, durante il quale si allungano gradualmente. In termini pratici si traduce come un processo snervante per il musicista, durante il quale la chitarra si scorda continuamente mentre suona.

Per far fronte a questo inconveniente, si usa stirare le corde, inducendo un allungamento forzato. Si esegue su una corda alla volta: imbracciare la chitarra, premere con un dito il primo tasto della corda in esame (per non arrecare stress al capotasto), con l'altra mano afferrare la corda e, allontanandola dalla chitarra, tirare formando un movimento oscillatorio lungo tutta la tastiera.

Le corde sono resistenti, ma attenzione a non eccedere con le corde più fini.

Eseguire questo movimento un paio di volte, intervallando ciascuna sessione con una accordatura dello strumento.

Guitar string stretching by punkettaro.gif

A questo punto accordare! Dopo aver cambiato le corde, la chitarra anche se accordata, tende a scordarsi subito. È quindi possibile che siano necessari più cicli di accordatura perché deve ritornare "in assetto". Accordatura

  • 8 - A questo punto, quando si saranno ultimate tutte le fasi, e solo ora, tagliare l'eccesso di corda rimasto.
Chitarra classica
  • 1- V. fase 1 della chitarra elettrica
  • 2- V. fase 2 della chitarra elettrica
  • 3- Se la muta di corde della chitarra classica presenta delle corde che hanno un'estremità rigida e una più morbida, si deve adoperare la parte più rigida per legarla al ponte.
  • 4- Prendere l'estremità più rigida della corda e farla entrare nel buco del ponte lasciandola sporgere un pochettino, fare una specie di cappio e farla passare sotto 2 volte

Corde chitarra classica Corde chitarra nodo guitar strings knot

Gitara rubin.jpg
Tenere la parte finale della corda giù con un dito attaccata al ponte, invece la parte libera della corda tirarla, così il cappio si stringerà.

  • 5- Andiamo adesso ad infilare la corda nella meccanica. Mettiamo il foro della meccanica rivolto verso il basso, infiliamo la corda e facciamola ripassare da sotto in modo che si crei un altro cappio, poi girare la meccanica, il che la stringe.

Infilare corde meccanica chitarra classica

6- Possiamo tagliare l'eccedenza della corda che sporge dalla paletta. ClassicalGuitar bridge.jpg

Chitarra acustica

Che tipi di corde esistono, il loro spessore e le varie scalature

Chitarra classica
  • Nylon: la prima, la seconda e la terza sono in nylon; le altre tre hanno un'anima di nylon e sono poi rivestite di rame argentato. Nel caso delle corde in nylon non viene specificato il diametro; si usa parlare di tensione: bassa, media, medio-alta o alta tensione. Più la tensione è alta e più ovviamente il suono sarà forte.

Si sconsiglia di montare sulla chitarra classica corde diverse da quelle di nylon, poiché tale chitarra non è dotata di truss rod e con la tensione esercitata da eventuali corde in metallo, il manico potrebbe spezzarsi.

] Chitarra acustica

Le mute per la chitarra acustica vanno dalla scalatura 0.10 alla 0.13, una muta media è generalmente considerata la 0.12. Più spessa sarà la corda, più pieno sarà il suono, ma più difficile sarà da suonare poiché si dovrà applicare una forza maggiore: più grosse saranno le corde, maggiore sarà la tensione a cui sarà sottoposto il manico. Teniamo presente che quando acquistiamo una muta di corde, generalmente le corde sono separate tra loro ed hanno la parte finale (quella che si inserisce nel ponte per intederci), colorata in modo da non sbagliare una corda con un'altra.

MATERIALI CON CUI SONO FATTE LE CORDE:

  • Bronze (bronzo): sono piuttosto brillanti come suono e sono costituite al 90% da rame e al 10% da stagno.
  • Phosphor bronze (bronzo fosforoso): hanno un suono più caldo delle bronze (si dice siano più adatte per il fingerpicking) e sono costituite al 90% da rame, al 10% da stagno e fosforo.
  • Silk and steel: hanno uno strato di nylon oppure di seta tra l'anima di metallo e l'avvolgimento in lega argentata. Hanno un suono molto dolce.
Chitarra elettrica e chitarra semiacustica

Le mute per la chitarra elettrica vanno dalla 0.08 alla 0.13. Le più comuni sono le 0.09 e le 0.10 (stessa cosa anche qui per il suono). Anche per le corde da elettrica vale la stessa cosa che per quelle da acustica: quando acquistiamo una muta di corde, generalmente le corde sono separate tra loro ed hanno la parte finale (quella che si inserisce nel ponte per intederci), colorata in modo da non sbagliare una corda con un'altra.


MATERIALI CON CUI SONO FATTE LE CORDE:

  • Nickel plated: sono le più comuni. Hanno un suono brillante ma bilanciato.
  • Nickel (solo nickel): suono più caldo delle precedenti. Questa è la corda più tipica per le elettriche.
  • Stainless steel (acciaio inossidabile): suono più brillante e più acuto in assoluto. Sono più tipiche per stili quali l'hard rock.

Le corde per chitarra elettrica e semiacustica hanno una comodità in più rispetto alle altre: le varie case, oltre ad impacchettare singolarmente le corde e rendere ben visibile il nome della corda, rende riconoscibile la corda anche una volta uscita dal pacchetto: applica dei circoletti colorati all' estremità della corda (la parte che va nel ponte della chitarra). Quindi sarà davvero difficile confondersi.
Estremità corde colorate chitarra

I rivestimenti (o avvolgimenti) delle corde per chitarra elettrica e semiacustica

Le corde metalliche per chitarra elettrica e semiacustica, possono avere 3 diversi tipi di avvolgimenti (in inglese wound), il che significa che la corda ha una sua anima metallica che poi è rivestita con un determinato tipo di avvolgimento. Risulterà utile saperli distinguere al fine di poter acquistare con cognizione di causa una corda o un set di corde piuttosto che un altro, poiché queste diciture sono espresse sulle varie confezioni. Quando si parla di rivestimento di una corda, si parla sempre delle 3 corde più grosse (Mi, la e re) poiché i 3 cantini sono sempre privi di avvolgimento.

Sezione di una corda Halfwound strings

  • Round wound: è un rivestimento che ha una sezione rotonda ed è uno dei più diffusi. Il tipo di corda sul quale è montato rende un suono brillante.
  • Half round wound: è un rivestimento che ha una sezione più liscia della precedente ma meno della seguente (sta a metà tra le due); anche il suono sta a metà tra i due.
  • Flat wound: è un rivestimento piatto (dall'inglese flat: piatto), il suono è più scuro. Sono corde forse un po' più comode da suonare ed hanno una grande durata. Sono più tipiche per il jazz.
SCALATURA MI cantino LA RE SOL SI MI basso
Extra light 0.10 0.14 0.23 0.30 0.39 0.47
Custom light 0.11 0.15 0.23 0.32 0.42 0.54
Light 0.12 0.16 0.25 0.32 0.42 0.54
Medium 0.13 0.17 0.26 0.35 0.45 0.56
SCALATURA MI cantino LA RE SOL SI MI basso
Extra light 0.08 0.10 0.15 0.21 0.30 0.38
Super light 0.09 0.11 0.16 0.24 0.34 0.44
Light 0.10 0.13 0.17 0.26 0.36 0.46
Medium 0.11 0.13 0.20 0.30 0.42 0.52
Heavy 0.12 0.16 0.20 0.32 0.42 0.54
Extra heavy 0.13 0.17 0.26 0.36 0.46 0.56
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1 novembre 2011 2 01 /11 /novembre /2011 20:41

Francesco De Gregori nasce a Roma il 4 aprile 1951.
Trascorre gran parte della sua adolescenza a Pescara per tornare poi a Roma alla fine degli anni sessanta.
Frequenta il liceo classico "Virgilio", uno dei storici licei romani, dove vive in prima persona gli eventi e i fermenti politici del movimento studentesco del '68.
Fu il grande artista statunitense Bob Dylan ad ispirare il genio artistico del giovane De Gregori che comincia diciottenne, con l'aiuto del fratello maggiore Luigi ad esibirsi con alcune traduzioni dei brani di Dylan al Folkstudio.
A quel tempo (fine anni sessanta, primi anni settanta) al Folkstudio si esibivano altri giovani cantautori come Antonello Venditti (con cui dividerà l'esordio discografico), Mimmo Locasciulli, Riccardo Cocciante, Mario Sciano, Giorgio Lo Cascio e molto altri.
In quel tempo il giovane De Gregori gira l'Italia accompagnando con la chitarra la folk-singer fiorentina Caterina Bueno, alla quale dedicherà, nell'album "Titanic", la canzone Caterina.

Nel 1972 realizza il suo primo album "Theorius Campus", diviso equamente con l'amico Venditti. L'anno successivo realizza il disco "Alice non lo sa" e tenta la strada delle kermesse musicali, partecipando senza fortuna a "Un disco per l'estate" con la canzone Alice.
Nel 1974 esce forse il suo album più intimo "Francesco De Gregori", in cui troviamo canzoni che parlano del De Gregori uomo.
Nello stesso anno collabora con Fabrizio De Andrè a cui scrive cinque canzoni per l'album del cantautore genovese "Volume VIII" .

Nel 1975 esce forse il suo album più bello, "Rimmel", album che contiene canzoni che rimarranno pietre miliari nella storia della musica italiana come Rimmel, Pablo (con l'arrangiamento di Lucio Dalla), Buonanotte fiorellino (ispirata da una ballata di Bob Dylan "Winterlude) e Pezzi di vetro.
L'anno dopo esce "Bufalo Bill", definito da lui stesso il suo disco più riuscito, in cui troviamo canzoni di eccezionale bellezza come Atlantide e Santa Lucia.

Il 1977 è forse l'anno più buio della carriera artistica di De Gregori, il quale viene duramente contestato durante un concerto al Palalido di Milano da un gruppo di spettatori appartenenti ad un gruppo extraparlamentare della sinistra, i quali accusavano il cantautore romano di servirsi delle sue canzoni di temi politici per arricchirsi. Fu sottoposto ad un durissimo attacco ideologico, attacco che colpì la sua sensibilità a tal punto da sospendere da la tournee e ritirarsi dalle scene per un lungo periodo di tempo senza lasciare alcuna traccia di sé (c'è chi dice che ha lavorato in una libreria romana).
Finalmente nel 1978 pubblica un nuovo album, "De Gregori", in cui sono contenute canzoni come Natale, Raggio di sole, Due zingari e la famosissima Generale.


 

Solo nel 1979 torna ad esibirsi in pubblico e lo fa con Lucio Dalla, in quella che sarà una delle più grandi tourneè nella storia della musica italiana: "Banana Republic" (insieme anche a l'allora giovanissimo Ron) da cui venne tratto un disco e un film.
Sempre nel 1979 registra in studio l'album "Viva l'Italia" in cui gioca a mescolare ritmi sudamericani insieme a grandi musicisti statunitensi. Il 1982 è l'anno del bellissimo Titanic, in cui oltre all'omonima canzone troviamo piccole perle come Caterina, I muscoli del capitano, La leva calcistica della classe '68 e la delicatissima San Lorenzo.

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28 ottobre 2011 5 28 /10 /ottobre /2011 13:54

Biagio Antonacci nasce a Milano il 9 novembre 1963. Cresce a Rozzano, alla periferia milanese, nelle strade del suo quartiere e non trascorre molto tempo prima che inizi la sua ppassione per la musica.

Mentre studia per diventare geometra Biagio suona la batteria. Non smette di pensare alla sua più grande passione, sa di avere un talento musicale innato. Scrive canzoni e inizia a frequentare l'ambiente discografico milanese: nel 1989 ottiene il suo primo contratto discografico. Realizza così il suo primo album "Sono cose che capitano". Il disco contiene il brano "Fiore", che non lo fa passare inosservato.

Due anni dopo pubblica il disco "Adagio Biagio" (1991). Il grande pubblico comincia a conoscere l'artista milanese.
Il primo grande e importante successo arriva solo un anno più tardi: il singolo "Liberatemi", intenso, ritmato, orecchiabile, gira l'estate con il Festivalbar e promuove l'album che porta lo stesso titolo.
Prodotto da Mauro Malavasi, già arrangiatore e produttore di nomi illustri quali Lucio Dalla e Luca Carboni, l'album "Liberatemi" (che contiene tra gli altri pezzi le bellissime "Alessandra" e "Come siamo tanti al mondo", oltre che "Almeno non tradirmi tu", scritta da Eros Ramazzotti) arriva a vendere oltre 150 mila copie, e consacra con merito il nome di Biagio Antonacci nella scena pop italiana.

Grande appassionato di calcio, tifoso interista, Biagio Antonacci grazie anche alle sue discrete doti atletiche trova posto nella formazione della Nazionale Italiana Cantanti, che, capitanata dal veterano Gianni Morandi (padre di Marianna, futura sposa di Biagio, fonte d'ispirazione per molti suoi testi, anche dopo la fine della storia d'amore), promuove importanti manifestazioni con scopi benefici e di solidarietà.
Grazie all'impegno e l'esperienza con la Nazionale Biagio conosce don Pierino Gelmini e viene a contatto con il suo impegno nei confronti del recupero di giovani emarginati: Biagio Antonacci si impegna attivamente con le iniziative relative alla comunità.

Nel 1993 si presenta al Festival di Sanremo con la canzone "Non so più a chi credere": la sua prova ottiene un positivo successo di critica e di pubblico. Segue poi un tour che lo porta in giro per tutto il paese.

Il disco successivo esce nel 1994 e porta il nome semplice "Biagio Antonacci": nella squadra c'è ancora Mauro Malavasi. Il disco arriverà a vendere oltre 300 mila copie, e i brani "Non è mai stato subito" e "Se io se lei" confermano, qualora ce ne fosse stato bisogno, la sensibilità e la grande vena poetica di cui il cantante è dotato.

Nell'autunno del 1996 esce "Il mucchio", disco in cui Biagio Antonacci figura non solo come autore e interprete, ma anche come produttore. L'album contiene il brano "Happy family", scritto a quattro mani con Luca Carboni, "Se è vero che ci sei", il primo singolo.

Biagio Antonacci è un artista istintivo, il cui segreto è unico quanto semplice: una costante e inesauribile ispirazione. Il sesto album esce nella primavera del 1998: "Mi fai stare bene" è prodotto interamente da Antonacci. La title-track ancora una volta è un successone. Il brano "Iris (tra le tue poesie)" spopola. Le copie vendute superano il milione. Ancora una volta la sinergia tra la poesia e la melodia producono un risultato eccezionale. Rimane in classifica per due anni; i singoli estratti saranno cinque. Il tour che segue riceve lo stesso entusiastico riscontro (immortalato nel video ufficiale "Live in Palermo").

Nel 2000 il singolo inedito "Le cose che hai amato di più" precede l'uscita dell'album "Tra le mie canzoni", una sorta di raccolta fra vecchio e nuovo, in cui il cantante fa rivivere le canzoni più belle, tra versioni live e nuovi arrangiamenti.

Nel giorno del suo compleanno, il 9 novembre 2001 esce il disco "9/NOV/2001", anticipato dal singolo "Ritorno ad amare". Il disco porta in sè un valore sociale, esprime la bellezza, ma anche la grande difficoltà a manifestare ed analizzare i sentimenti in un momento in cui l'unica vera rivoluzione è l'amore.

Nello stesso anno Biagio Antonacci riceve il Premio Lunezia per il testo "Le cose che hai amato di più". Il patron della manifestazione Stefano De Martino, premiando l'opera ha dichiarato: "Biagio fa la rivoluzione con i sentimenti. E ci insegna che il passato non deve mai fermarci, che la memoria, i ricordi, sono soltanto un punto di partenza. Non c'è retorica nelle sue parole, ma solo la grande lezione dei cantautori che parlano d'amore, come Gino Paoli e Luigi Tenco del quale Antonacci può ereditare lo spirito libero".

Nel marzo 2004 esce "Convivendo parte 1", preceduto dal singolo "Non ci facciamo compagnia". L'album è da considerarsi parte di un progetto "a puntate": la seconda parte (altro disco) è prevista tra la fine del 2004 e l'inizio del 2005.
L'estate e il Festivalbar premiano "Convivendo parte 1" come miglior album dell'anno. Il tuor che segue è una serie di "tutto esaurito".

Il disco "Resta in ascolto" (2004) di Laura Pausini contiene il brano "Vivimi", parole e musica di Biagio Antonacci. Nell'occasione, parlando del suo futuro, Biagio ha dichiarato: "Ho tanti sogni. Uno dei più ricorrenti è quello di incidere con Laura Pausini un disco a due, come hanno fatto Mina e Celentano.".

Poi arriva "Convivendo parte 2" e il successo è nuovamente strepitoso, fino al 2007, quando ripete numeri di vendite astronomici con il nuovo album "Vicky Love".

Nel 2008 escono le raccolte "Best of Biagio Antonacci 1989 - 2000", "Best of Biagio Antonacci 2001 - 2007", e "Il cielo ha una porta sola". Torna con un nuovo disco di inediti nel 2010, dal titolo "Inaspettata".

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27 ottobre 2011 4 27 /10 /ottobre /2011 11:44

La chiave musicale è un simbolo che viene posto sul pentagramma e serve a fissare la posizione delle note e la relativa altezza dei suoni. Può essere posto all'inizio del pentagramma (maggioranza dei casi) oppure in un punto qualsiasi (ad es. a metà di una battuta o misura). I segni delle chiavi provengono da una progressiva alterazione grafica delle lettere dell'alfabeto gotico ovvero:

Convenzionalmente, le chiavi musicali assumono nove posizioni, rispetto alla linea sulla quale vengono poste, contraddistinte da un termine specifico:

  • per la chiave di Sol3
1. Chiave di violino francese, sulla 1ª linea (dal basso verso l'alto) del pentagramma
2. Chiave di violino, sulla 2ª linea del pentagramma
  • per la chiave di Do3
3. Chiave di soprano, sulla 1ª linea
4. Chiave di mezzosoprano, sulla 2ª linea
5. Chiave di contralto, sulla 3ª linea
6. Chiave di tenore, sulla 4ª linea
  • per la chiave di Fa2
7. Chiave di baritono, sulla 3ª linea
8. Chiave di basso, sulla 4ª linea
9. Chiave di subbasso, sulla 5ª linea

Le chiavi musicali sono tre ma sono sistemate in posizioni diverse dando la possibilità di porre sul pentagramma la maggior parte di note dei suoni più o meno gravi o acuti di cui ogni voce è dotata, evitando per quanto possibile il posizionamento delle note esterno al rigo tramite tagli addizionali.

 

 

 

A parte la prima e l'ultima posizione (C. di violino francese e C. di basso profondo), tutte queste posizioni sono utilizzate ancora oggi con il nome di setticlavio solo come esercitazioni nei corsi di teoria e solfeggio e di composizione che si tengono nei conservatori. Nella pratica comune, invece, il setticlavio è caduto completamente in disuso. Le uniche chiavi ancora usate, oltre quella di violino e quella di basso, sono la chiave di contralto (usata come chiave di impostazione dalla viola) e la chiave di tenore (usata come chiave ausiliaria da violoncello, trombone, fagotto, contrabbasso e controfagotto).

In tutte le edizioni moderne (successive al 1800), le parti di contralto, mezzo soprano e soprano si scrivono in chiave di violino, le parti di baritono in chiave di basso, mentre per le parti di tenore si usa la chiave di violino tenorizzata (ovvero una chiave di violino accompagnata da un segno convenzionale atto ad indicarne l'esecuzione all'ottava inferiore)

C CClef.svg chiave di Do3 (Do della terza ottava, detto anche do centrale)
F FClef.svg chiave di Fa2 (Fa della seconda ottava, immediatamente al di sotto del do centrale)
G GClef.svg chiave di Sol3 (Sol della terza ottava, sopra il do centrale)
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20 ottobre 2011 4 20 /10 /ottobre /2011 12:35

Isabel Mebarak Ripoll, meglio e più semplicemente conosciuta come Shakira, nasce il 2 febbraio 1977 a Barranquilla (Colombia) da padre libanese (William Mebarak Chadid) e madre colombiana (Nidia del Carmen Ripoll Torrado). Muove i primi passi nel campo della musica scrivendo a otto anni la sua prima canzone. Guadagnandosi la fama di bambina prodigio, a tredici anni stipula il suo primo contratto con la Sony Music Colombia e pubblica il suo primo album intitolato "Magia".

Dopo essersi diplomata decide di dedicarsi interamente alla musica, registrando il suo secondo album "Peligro", accolto con buon successo. Ma è con il successivo "Pies descalzos" che raggiunge una straordinaria popolarità in America Latina, Brasile e Spagna. Le cifre su cui viaggia l'album superano abbondantemente il milione. In particolare va a ruba in Brasile, terra immensa e dall'altrettanto immenso mercato.

Il suo quarto album "Dònde estàn los ladrones?" viene prodotto in collaborazione con un grande della musica latina, Emilio Estefan, e onestamente il tocco magico si sente subito. La platea di fan di Shakira intanto si allarga agli Stati Uniti, Argentina, Colombia, Cile e Messico, proiettandola nell'empireo dei dischi di platino che cominciano a fioccare come manna nel deserto. D'altronde questo lavoro è stato baciato dalla buona sorta se è vero che le fa conquistare anche un ambìto Grammy e due Latin Grammy Award.

Ormai Shakira è incontestabilmente la regina del pop latino, capace di sedurre le folle con brani accattivanti, incisivi e cantati con una voce del tutto particolare, per nulla comune o banalmente mielosa. Anzi, il timbro di Shakira si distingue per un tratto virile che la rende riconoscibile fra mille.

Da tutto questo successo rimaneva un po' escluso il mercato europeo, che da poco aveva sentore del tifone latino e danzereccio che lo stava travolgendo. Ci pensa l'album successivo di Shakira a colonizzare musicalmente il vecchio continente. "Laundry Service" la scaraventa nelle top chart di tutti i paesi europei, grazie a brani-tormentone che diventano marchi di fabbrica.
L'album spazia dal tango di "Objection" al gusto mediorientale di "Eyes like yours", dalle innovazioni liriche di "Underneath your clothes" alla complessità melodica di "The one" per arrivare al pop-rock di "Whenever wherever", il primo singolo in vetta all'airplay radiofonico di tutto il mondo.

Mescolando sapientemente i suoni latinoamericani con accenti arabeggianti Shakira ha decisamente saputo crearsi uno stile unico, lontano da tanti concorrenti che l'assediano (Ricky Martin e company), mantenendo incontaminata la sua verve creativa nonostante abbia iniziato a comporre canzoni in inglese.

Molta della sua notorietà inoltre è dovuta ai vari spot che ha girato per le campagne pubblicitarie di numerosi marchi, rendendola davvero popolare.

Shakira ha anche altri numeri oltre alla voce e alla musica: un corpo mozzafiato e un'abilità tutta sua nel rispolverare le antiche movenze della danza del ventre.

Attualmente vive a Miami Beach, ed è legata sentimentalmente ad Antonio De La Rua, avvocato e figlio dell'ex presidente argentino.

Dopo il disco "Oral fixation vol. 2" del 2005 si è dovuto attendere parecchio per il nuovo lavoro uscito nel 2009 che si intitola "She Wolf".

Nel 2010 canta la canzone ufficiale dei mondiali di calcio sudafricani, "Waka Waka (This Time for Africa)".

 

La discografia

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